Il Consiglio comunale di Oristano litiga su tutto, ma sulla questione del nome col quale devono essere indicate le statue dei guerrieri, arcieri e pugilatori rinvenute nel sito archeologico di Mont’e Prama ha deciso all’unanimità di bocciare la denominazione di “eroi” scelta dal Mibact e dalla Regione Sardegna per le campagne di comunicazione istituzionale e di promuovere quella di “giganti”, difesa a spada tratta dal Comune di Cabras e già usata a suo tempo dall’archeologo e accademico dei Lincei Giovanni Lilliu.

Il Consiglio, col sindaco Andrea Lutzu in testa, ha infatti votato all’unanimità l’ordine del giorno proposto dal consigliere di opposizione, Andrea Riccio, che impegna la Giunta ad agire sul Ministero e sulla Regione affinché “il nome utilizzato in qualsiasi mezzo promozionale relativo a Mont’e Prama sia l’originale di Giganti e non quello di Eroi”. Secondo Riccio, che è anche un esperto di marketing, quello di Giganti è ormai un brand consolidato che rappresenta identità e valore. Cambiarlo, dice, produrrebbe soltanto danni.

Dei giganti si sono perse praticamente tutte le tracce. Sul nuovo sito internet monteprama.it sono comparsi gli eroi, un nome più vicino al pensiero della comunità scientifica ma molto lontano dall’immaginario collettivo e da quello dei pionieri del marketing culturale che iniziavano a muovere i primi passi all’ombra delle statue di arenaria scoperte nel Sinis.

Il cambio della denominazione ufficiale ha già scatenato una valanga di polemiche sui social network, nonostante le spiegazioni scientifiche illustrate sul sito nella pagina denominata “Perché Eroi”, ma soprattutto nella pagina “Eroi o Giganti?”, in cui si legge: “Mont’e Prama è senza dubbio una necropoli monumentale e le statue a essa connesse riproducono in forma enfatica gli stessi soggetti cui la necropoli è dedicata o i loro antenati reali o mitici, interpretati come eroi. Le sculture di Mont’e Prama, pertanto, sono opera di una società radicalmente mutata rispetto a quella dell’età del bronzo, rispetto a quelli genti che la cultura popolare sarda chiama erroneamente giganti”.