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Per la prima volta in Sardegna un allevatore è stato rinviato a giudizio per uccisione e danneggiamento di animali altrui e per l’uccisione di animali selvatici particolarmente protetti con l’impiego di sostanze tossiche. L’operazione ha coinvolto un 60enne di Laerru ed è stata portata a termine dal Corpo forestale e di vigilanza ambientale. I fatti risalgono all’autunno del 2016, a seguito di lunghe e complesse indagini a stretto contatto con la Procura di Sassari. Gli agenti della Stazione Forestale di Nulvi avevano avuto notizia da alcuni cacciatori della morte dei propri cani per sospetto avvelenamento.

Dopo il primo accertamento si era scoperto che già dal 2013 e 2014 diversi cani erano stati uccisi dal veleno. Ma nell’estate del 2015 si era registrato un repentino aumento di casi. Lo scorso gennaio era arrivata la decisione di impiegare nelle indagini anche il Nucleo Cinofilo Antiveleno (NCA), recentemente costituito dal Corpo forestale nell’ambito del progetto Life Under Griffon Wings. In pochi mesi è stato provocato l’avvelenamento di almeno quattordici cani domestici, per la gran parte con esiti letali, quattro gatti, un cinghiale e cinque corvi imperiali. A questo bilancio manca il conto di quegli animali, selvatici o meno, che sono andati a morire lontano dall’area interessata.

Le informazioni raccolte dai testimoni, la ricerca delle prove e gli altri elementi raccolti hanno consentito all’autorità giudiziaria di procedere al rinvio a giudizio dell’allevatore. Il movente? Proteggere i propri agnelli dall’assalto dei predatori. Lo studio dei casi di avvelenamento da parte dell’Istituto Zooprofilattico fa emergere che è sempre maggiore il numero di animali che muoiono per avvelenamento. Non solo nelle campagne, ma anche nei centri urbani.