carbonia-ladri-devastano-sede-della-mineraria-calcio
Danni a infissi, porte, agli arredi e furto di vari oggetti tra cui un defibrillatore.
 
 
Questo è il bilancio del raid che domenica notte ha preso di mira i locali della società calcistica Mineraria, sita in via Dalmazia a Carbonia. Un’azione che non ha risparmiato quasi niente e che ha colpito una delle più importanti scuole calcio cittadine, forte di 60 tesserati e 5 categorie dai pulcini fino ai giovanissimi regionali.
 
La società, gestita da Beppe e Roberto Rampini, rispettivamente padre e figlio (il primo storica bandiera del calcio in Sardegna), aveva ottenuto il defibrillatore in gestione dal Comune per ottemperare alla normativa che lo rende obbligatorio anche per le associazioni sportive dilettantistiche:
 
“Senza defibrillatore, chiosa l’allenatore, Roberto Rampini, rischiamo di non poter continuare l’attività sportiva. Peraltro lo strumento ha un numero di serie specifico e quindi difficilmente sarà riutilizzabile da altri senza il rischio di esser scoperti. Vista la grande importanza che ha per noi e per la salute dei nostri atleti, speriamo vivamente che chi ha compiuto questa deplorevole azione abbia un sussulto di coscienza e ce lo restituisca”.
 
Secondo quanto spiegano i referenti della società, questo è il primo episodio del genere subito in 15 anni di attività. Un furto e un’azione vandalica che lascia l’amaro in bocca a chi come Beppe Rampini ha dedicato tutta la propria esistenza ai giovani e allo sport: “questo episodio mi ha profondamente deluso. Noi non facciamo del male a nessuno, ma anzi aiutiamo i ragazzi a crescere in modo sano con lo sport. Con grande fatica, visto anche il periodo di forte crisi economica e difficoltà a reperire sponsor, siamo riusciti ad acquistare tutto ciò che serve per insegnare il calcio e per gestire la società, e quello che è successo domenica ha vanificato anni di sacrifici”.
 
Nelle prossime ore la società sporgerà denuncia alle forze dell’ordine con la speranza di poter recuperare parte degli oggetti e dei dispositivi trafugati.
 
Manolo Mureddu