i-volti-della-crisi-simone-il-commerciante-che-ha-fatto-il-and-ldquo-funerale-and-rdquo-alla-sua-corniceria

Simone Satta è nato 35 anni fa a Carbonia, città dove tutt'ora vive. Nel 2001 ha aperto la sua corniceria nella via principale della città, distinguendosi per professionalità e intraprendenza che in breve tempo lo portano ad avere una vastissima clientela in tutto il Sulcis Iglesiente tra privati, aziende, polo industriale e comuni. Questo fino al dicembre 2012 quando, pressato da un'eccessiva tassazione, dalla crisi generata dalla chiusura del polo industriale di Portovesme e dall'assenza di sostegno e prospettive si vede costretto a chiudere. Subito dopo organizzò funerale simbolico per celebrare la “morte” della propria attività e di ogni prospettiva economica futura.

Simone, solo sei mesi fa chiudevi la tua attività commerciale. Quali sono le tue attuali prospettive in un territorio come il Sulcis che è annoverato dalle statistiche come il più povero d'Italia?

Le prospettive del e nel Sulcis sono pari a zero, nel corso della mia vita ho solo visto beghe politiche tra gioiosi e sorridenti possibili benefattori i quali percorrevano la loro magnifica vita lanciando qualche zuccherino qui e là nel mentre che la terra si seccava, il territorio si spopolava, la regione bruciava speranze ed intelletto.

Questa situazione di crisi e perdita del lavoro in che modo ha condizionato la tua vita in questi mesi?

Condizionato è dir poco. Dopo dodici anni passati dietro una vetrina ritrovarmi di botto con la mancanza dei ritmi lavorativi e la vita sociale che ne conseguiva durante la giornata mi ha lasciato un enorme vuoto: ti senti spaesato, distante dalla società, non riesci a dormire per la mancanza della soddisfazione e stanchezza lavorativa. Per non parlare del fatto che ho dovuto rottamare la macchina per eliminarmi pure questa spesa e privandomi così anche di poter uscire e circolare liberamente.

Hai mai avuto cedimenti psicologici o comunque voglia di mollare tutto e andartene via dal Sulcis?

Difficile non avere cedimenti psicologici. Anche se ben disciplinati e con esperienza siamo esseri umani. In questi casi cerchi di capire cosa non va e spesso arrivi alla conclusione che non sei tu il problema, ma nel frattempo devi continuare a portare avanti la tua vita finché crolli e ti devi fermare, assolutamente. Ho superato i 30 anni e non posso respirare da una bombola senza ossigeno: sì, penso spesso e ora più che mai, di lasciare il Sulcis!

La cittadinanza e le istituzioni locali ti hanno aiutato nel periodo di crisi precedente e successivo alla chiusura della tua attività?

Devo dire che son rimasto sorpreso e commosso dalla solidarietà di clienti e cittadini che hanno fatto di tutto per convincermi a non mollare. E una volta chiuso hanno continuato a starmi vicino al contrario delle istituzioni italiane che, diversamente da altre nazioni, in questi casi non prevedono nessuna forma di assistenza.

Cosa significa per un ragazzo della tua età non potersi creare una famiglia e un avvenire?

Per chi come me ama lavorare e vivere, significa una situazione castrante, frustrante e degradante in cui la rabbia cresce per il non poter nemmeno pensare ad un futuro in cui apri la porta di casa, dopo una dura giornata di lavoro, e conoscere il piacere di incrociare lo sguardo ed il sorriso di tua moglie e dei tuoi figli.

Ora come ti mantieni e dove vivi?

Continuo a vivere con i miei genitori. In passato ho valutato la possibilità di comprare casa. Ma il pensiero di un mutuo con un'economia pericolante e incerta come questa mi ha fatto desistere in partenza. Per fortuna ho loro al mio fianco nel mentre che cerco un nuovo impiego.

In futuro pensi che potrai mai riaprire un'attività?

Forse, magari quando sarà un po' più' equo il dare ed avere tra stato e cittadinanza, quando la meritocrazia avrà un valore vero.

Secondo te qualcosa potrà mai cambiare nel Sulcis?

Questa situazione non cambierà finché ci faremo governare da persone che non sanno nemmeno quanto costa un litro di benzina, che non conoscono le difficoltà per emergere, che non sanno cosa significhi compiere dei sacrifici. Finché vivrà il clientelismo, la mazzettina, finché si sentiranno intoccabili politicamente e fisicamente, nulla cambierà. Vorrei ringraziarvi per avermi dato la possibilità di esprimere il mio disagio misto a rabbia ma col dispiacere e con la consapevolezza di non esser solo.