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Avevo diciotto anni e non sapevo fare nulla. Mi guadagnavo qualche soldo facendo la comparsa nelle opere liriche, ma anche cantando in un complessino rock. Ma soprattutto mi piaceva cantare. Così ho chiesto a un amico, inserito in un certo ambiente importante, di darmi una mano a trovare lavoro come cantante in un albergo. Qualche giorno dopo il mio amico mi ha chiamato al telefono di casa.“Devi andare dal Signor Pinco Pallino. Ti riceverà domani mattina ”.

“Wow! Un colloquio ”. Ho pensato. “Mica male”.

L’indomani mattina sono andato a Pula in bicicletta. Ci ho messo tre ore ad arrivare. Tremante, ma convinto della bontà del mio talento mi sono diretto verso l’ufficio dell’uomo misterioso. Ricordo che a ricevermi era stata una signorina con i capelli raccolti, occhi grandi e neri, sopraciglia disegnate, abito stretto, scarpe con i tacchi. Mi sorrideva. Un rossetto rosso sangue colorava due labbra carnose.

“Il dottore la sta aspettando”. La voce era gentile.“Sono puntuale”, ho pensato. Dentro una sala grandissima, dietro una grande scrivania c'era lui. L’uomo misterioso. Il responsabile di uno dei più grandi successi dell'hotellerie mondiale . Ha allungato la sua mano per stringere la mia. Mi ha fatto sedere, offerto un caffè, ed invitato a dargli del tu. Troppe cose tutte assieme. Mi ha fatto qualche domanda. Poi mi ha detto di raccontargli quello che facevo. L'ho fatto. Ho parlato, credo, per sei o sette minuti. Come sono stato zitto l'uomo ha stretto gli occhi ed ha annuito. “Si”, mi ha detto, “Si, interessante quello che vuoi fare. Noi stiamo cercando una persona come te” .

“Cessu”, ho pensato “Che culo. Lavoro tutta l’estate e mi pagano anche bene”.

“Però volevo metterti a conoscenza di alcune cose”, ha continuato alzandosi e sedendosi sul bordo del tavolo, proprio davanti a me.“Farai il tuo spettacolo ogni sera. Ti daremo una stanza dove alloggerai tutto il periodo in cui sarai impegnato con noi, non dovrai avere alcun rapporto con i clienti, c’è una strada apposita per i dipendenti. Prima e dopo lo spettacolo dovrai aiutare ad apparecchiare e sparecchiare i tavolini, a colazione, a pranzo, ed a cena. Fra i dipendenti non ci dovranno essere rapporti personali di carattere affettivo. Tutto ciò che non riguarda l’Hotel, fuori dall’Hotel “.

Detto questo si è sollevato ed è tornato sulla sua sedia dietro il tavolo. Con un gesto della mano mi ha fatto comprendere che la conversazione era finita. “Ed ora vai”, ha aggiunto oramai scollegato “Torna la settimana prossima” mi ha detto “Ti facciamo fare un concerto di prova”. Mi sono accorto che quest’uomo non sorrideva mai, io però gli ho sorriso con il più bel sorriso a mia disposizione. “Va bene” mi sono alzato dalla sedia. “Bene”. La conversazione era proprio finita. Mi ha accompagnato alla porta del suo ufficio, stretto la mano “Buongiorno. Buongiorno”. La porta si è chiusa alle mie spalle. Leggera. La segretaria mi ha guardato con aria maliziosa, mordicchiando la punta della penna. “Allora?”, mi ha chiesto. “Allora!?”… ho biascicato confuso “Allora … buongiorno!”. E sono fuggito via. Prima di salire in bicicletta però mi sono chiesto se era quel lavoro era ciò che volevo …

In realtà io volevo solo cantare. Apparecchiare e sparecchiare non lo facevo neppure a casa … Pedalando mi sono accorto che non mi andava di faticare in quel locale, trattato come un servo . Arrivato a casa ero sempre più deciso. “Che sono io, uno schiavo?”, ho pensato, “I cantanti, non apparecchiano, e neppure sparecchiano”.

Gianluca Medas