bastascio-16-curiosit-and-agrave

Quando ero piccolo, molti prodotti si acquistavano sfusi. Le mentine per esempio costavano una lira l'una. Da signora Margherita, chiamata “lascio?” per la sua abitudine di mettere sempre più del peso richiesto sulla bilancia,  ne prendevi 10 e pagavi 10 lire. Le vendevano la drogheria e anche la latteria che stava dall’altra parte di via Quirra. Quando dicevi quante ne volevi le pastigliette sfuse venivano estratte da un grande vaso trasparente per essere impacchettate su un cartoccio di carta. Da quel cartoccio le prendevo e le mangiavo ad una ad una. Ricordo anche il latte appena munto. Mia madre ogni mattina lo prendeva da un pastore che abitava giù di casa. Questo portava il suo latte ed il suo formaggio alla latteria. Quel latte era di color giallo. Almeno io ricordo questo.

Anche la pasta si acquistava in modo diverso. Ho fatto in tempo a conoscere la pasta sfusa. Mia madre mi mandava ad acquistarla in negozietto di generi alimentari. Ero piccolo, avevo forse sette, otto anni. Mi vien da ridere se penso che oggi i nostri figli li facciamo uscire da soli, con grande fatica, ed a una età molto più grande. Comunque, la pasta veniva avvolta all'interno di un involucro di carta blu. Tanto che ho sempre pensato che quel colore, la Barilla, l'avesse scelto proprio perché la carta nella quale avvolgevano la pasta sfusa di signora Margherita era di quel colore.

Una domenica mattina, mio babbo mi ha mandato a comprare un litro di vino sfuso. Mi sembra che costasse 2 lire. La bottiglia dovevamo portarla noi, perché il vetro allora si pagava, e veniva riutilizzata ogni volta. Quella mattina, dopo il catechismo alla chiesa di sant’Eusebio, ero rientrato a casa un po’ prima. Così sono stato mandato a fare questa commissione. La strada la conoscevo bene. Sono andato alla latteria e al mio turno ho allungato il braccio per porgere la bottiglia vuota. Il negoziante mi ha chiesto : “Bianco o rosso?”, “ Rosso, rosso” ho risposto con fierezza. Riempita la bottiglia ho pagato e mi sono mosso per rientrare a casa.

Però quella mattina però avevo una curiosità. Uno dei miei difetti più grandi è sempre stata la curiosità. Una curiosità senza fine , capace , a volte di mettermi in situazioni poco piacevoli. Comunque sia, la curiosità consisteva nel voler conoscere il sapore di quella bevanda dal profumo intenso e dal colore rosso che trasportavo verso casa. Mio padre era un abitudinario. La domenica beveva a pranzo un bicchiere pieno. Un bicchiere ogni domenica, e qualche volta durante i pasti settimanali. Più mi avvicinavo a casa più la mia curiosità cresceva. Mi sono fermato un attimo in strada. Ho guardato attorno. Ero al centro della strada. Era deserta. Non c’era nessuno che potesse vedermi. Ho deciso . Ho stappato la bottiglia, il tappo era di plastica, verde. Il profumo del vino mi ha preceduto. Non ho potuto resistere. L’ho assaggiato.  Bleah!!! Un sapore che non corrispondeva al profumo, agro, scorbutico, inaspettato.

Avevo ancora la bottiglia in bocca, avevo assaggiato davvero un goccio, quando all’improvviso una voce, forte e inequivocabile ha gridato “E bravo! bevi! Bevi! Imbriagoni”. Mi sono spaventato. Ho cercato a destra ed a sinistra, in giro non c’era nessuno. “Chi cavolo ha parlato?” ho pensato. La voce nascosta però ha parlato ancora: “Corri a casa, ubriacone – mi ha gridato – I bambini non devono bere il vino”. Mi sono spaventato nuovamente. Quella voce mi accusava. Veloce sono corso a casa, ho suonato. Sono salito senza aspettare l’ascensore. Mio padre ha aperto la porta. Mi ha dato una monetina per la commissione ed ha messo il vino in frigo. Poi mia madre ha apparecchiato. Nel mentre Io ho pensato “chissà chi era”. Mi sono vergognato molto.

Gianluca Medas