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Nel Sulcis martoriato dalla crisi e dalla chiusura di gran parte delle realtà produttive tradizionali basate sull'industria si apre spesso il dibattito sull'opportunità o meno di investire su nuovi modelli di sviluppo, magari fondati sul turismo o su quello che le nostre risorse naturali offrono.

Modelli di sviluppo differenti che in altre parti del mondo effettivamente hanno rappresentato o rappresentano un importante valore aggiunto per l'economia dei territori ma che qui sono spesso visti con diffidenza a causa di amministratori locali incapaci di promuoverli modo concreto e per precedenti che preoccupano e creano, giusto per utilizzare un eufemismo, “imbarazzo” tra i cittadini.

Uno di questi imbarazzanti precedenti, annoverato tra i più clamorosi ed emblematici di tutto il territorio, è sicuramente costituito dal campeggio di Gonnesa.

Una struttura emblematica dell’abbandono e dell'incapacità da parte della politica locale di programmare e realizzare uno sviluppo differente dal solito, pubblicamente assistito.

LA STORIA

Il progetto del camping fu approvato nel 1978 dall'amministrazione comunale di Gonnesa  e dai primi anni ‘80 la struttura, inizialmente gestita a livello comunale, inizio l’attività con migliaia di presenze annuali e un importante impatto economico per il territorio. In seguito la gestione fu affidata a piccole cooperative che riuscirono a confermare il trend di presenze ma che,  da quasi subito, denunciarono difficoltà economiche a causa delle quali il comune fu obbligato a indire un bando per la gestione. A prenderne la conduzione fu una società che provvide all'ampliamento e alla modernizzazione della struttura migliorandola addirittura con bungalow climatizzati. Durante il primo anno della nuova gestione furono confermate le presenze del precedente e vennero assunti 20 giovani disoccupati tra le maestranze locali.

Da questo momento in poi iniziarono i problemi:  le imprese fornitrici di materiale e manodopera non vennero liquidate e il personale operante all'interno della struttura fu obbligato a dividersi e costituirsi in due differenti cooperative. Iniziò così una vertenza, durata dieci anni, tra amministrazione comunale e società aggiudicataria del bando. La magistratura intervenne predisponendo il sequestro della struttura, fino all'anno 1996 quando finalmente il comune riaprì un bando per l'assegnazione a società e cooperative private.

La prima società che vinse l'appalto trentennale per il corrispettivo di 115 milioni di euro fu la  Bonar Srl con sede a Oristano. Il Comune però revocò l’assegnazione per alcune falle nella presentazione della documentazione.

Fu allora la volta della F.IM. Santerno S.r.l. che per un importo annuo 75 milioni di lire, da una base d’asta di 50 milioni, si aggiudicò il bando. Anche in questo caso nacquero da subito polemiche su presunte inadempienze contrattuali e irregolarità inerenti la gara d'appalto.

Eppure sarebbe bastato prendere il Capitolato D'Appalto per verificare direttamente i requisiti indispensabili all'assegnazione e soprattutto per accorgersi che la stipula del contratto avrebbe dovuto aver luogo nel termine dei trenta giorni una volta versata una cauzione del 10% dell’importo contrattuale, cauzione che la società in questione non versò mai.

Da quel momento in poi passarono circa altri 10 anni di contestazioni e rimpalli tra la società e l'amministrazione comunale, fino al 2007 quando il Comune di Gonnesa riuscì a tornare nuovamente in possesso della struttura grazie a un accordo consensuale tra le due parti.

S'ipotizzò quindi sia un intervento di privati in regime di “Project Financing”, di gestione “In House”  o direttamente di vendita.  Le idee in merito furono tante quanta la confusione e le polemiche tra maggioranza e opposizione.

OGGI

Il problema del campeggio a ogni elezione diventa materia elettorale e c'è chi assume cariche di rilievo diventando Consigliere Regionale sulla spinta di promesse e progetti tesi alla riqualificazione e valorizzazione del sito.

Prima delle elezioni comunali del 2011 guarda caso viene indetta una gara pubblica per la vendita, mediante asta pubblica, di tutta la struttura per una cifra di tre milioni di euro. Ma del campeggio ormai non è rimasto che il nome: dopo decenni di errori politici e vertenze giudiziarie c’è solo un’area fantasma, che però, secondo il Sindaco, attira l’interesse di parecchi imprenditori. L’asta però è deserta e si decide di prolungare inutilmente i termini per la presentazione delle proposte. Per riuscire a trovare acquirenti c'è addirittura chi propone di favorire la vendita dimezzando il prezzo iniziale a 1,5 milioni di euro.

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L'unica cosa certa, attualmente, è che il campeggio di Gonnesa rappresenta un'occasione mancata per il Comune e per l'intero territorio già gravemente privo di importanti strutture ricettive per l'accoglimento di turisti.

Per Enrico Pistis, attuale Capogruppo Minoranza Consiglio Comunale Gonnesa, il campeggio, a pieno regime, potrebbe infatti ospitare più di mille clienti al giorno e dare lavoro fino a un centinaio di persone nel periodo estivi e la metà nel resto dell’anno. Senza contare l’ indotto economico.

Ma evidentemente questi numeri non sono sufficienti a far capire la vera importanza della struttura.

In questa circostanza si denota chiaramente l'inconsistenza di una classe dirigente politica nata e prosperata sotto l'egida della monocoltura mineraria prima, e industriale poi. Di certo anche la burocrazia -male endemico italiano- ha avuto un ruolo importante nella vicenda, ma è ovvio che il Sulcis Iglesiente, in un'epoca in cui l'assistenza dello Stato Centrale è venuta a mancare, non potrà più permettersi di perdere opportunità di sviluppo fondamentali che in una qualsiasi altra realtà territoriale garantirebbero crescita, occupazione e prospettive.