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"Hanno detto che erano venuti a trattare, ma non ci hanno lasciato alternative: o firmavamo entro oggi la decisione di andare via volontariamente o ci buttavano comunque fuori dalle nostre case con la forza". Maria Lucchese Spanu racconta così l'ultimatum delle forze dell'ordine e del Tribunale di Oristano alla sua famiglia per lasciare subito libera l'azienda sulla strada 22 ovest di Arborea svenduta all'asta per un vecchia e contestata cambiale agraria di pochi milioni di lire.
Il primo tentativo di sgombero, la scorsa estate, era andato a monte quando il capofamiglia, Giovanni Spanu, 76 anni, aveva tirato fuori il fucile minacciando il suicidio. Stavolta dovrà cambiare strategia. Qualche giorno fa, il fucile glielo hanno sequestrato e per gli attivisti del movimento Popoli liberi, che da molti mesi presidia l'azienda notte e giorno, quello è il segnale che ormai è solo questione di giorni se non di ore.
Nessun componente della famiglia Spanu – dieci persone tra cui due anziani e due bambini di quattro e otto anni – ha infatti accettato la proposta di sgomberare volontariamente l'azienda. "In cambio gli avevano offerto una sistemazione in albergo ma niente di più", ha raccontato Roberta Modena a nome del presidio spiegando che senza l'azienda la famiglia Spanu non avrebbe più di che vivere.
"Al dirigente della Digos che è venuto a trattare abbiamo chiesto tempo fino a sabato perché la famiglia è pronta a ricomprare l'azienda grazie alla generosità di una persona che è pronta a mettere a disposizione i soldi necessari, ma ci ha risposto che il tempo scadeva inesorabilmente il 19 gennaio", ha spiegato ancora Modena dicendosi convinta che magistratura e forze dell'ordine vogliano dare ad Arborea una prova di forza per mandare un segnale preciso agli attivisti dei movimenti antisfratto in vista di una stagione di sgomberi e di sfratti che riguarda un po' tutta la Sardegna.