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Stavolta non sono i gufi a parlare, i portatori di sventura come li chiamava Renzi, lui sì vera iattura per la nostra economia, ma i dati Istat.
 
Ci avevano detto che il Jobs Act sarebbe stata la panacea per ogni male, che sarebbe bastato cancellare diritti per avere lavoro. Eppure tutti sanno che il lavoro non si crea per legge. Bastonare i lavoratori non ha dato gli affetti che solo crescita e aumento di domanda di beni e servizi avrebbe potuto produrre.
 
Di certo ve lo ricorderete Matteo Renzi fare il tour nei salotti televisivi e pavoneggiarsi spiattellando numeri a Lotto. Era il fiore all’occhiello del triennio del fu rottamatore, questa vergognosa legge. La norma che doveva creare lavoro e ha finito per vampirizzare le casse dello Stato per miliardi. Sgravi contributivi che hanno doppato i dati giusto per regalare qualche minuto di celebrità televisiva al segretario del Pd. Effetti? Nessun aumento degli investimenti, ma aumento della precarietà e licenziamento del contratto a tempo indeterminato, quello vero.
 
Adesso i risultati vengono certificati dall’Istat. A dicembre del 2016,  il tasso di disoccupazione si è attestato al 12%, più 0,4% rispetto a dicembre 2015. Ma il dato più drammatico è quello della disoccupazione giovanile che sfonda la soglia del 40% arrivando al 40,1,  più  0,2% rispetto al mese precedente.
 
Unico dato in ascesa, che come Movimento abbiamo più volte denunciato, è quello dei voucher venduti, su questo, nonostante i giochi di prestigio in casa Pd, dovrebbero esprimersi gli italiani, sempre che qualcuno non boicotti il referendum. E pensare che volevano convincerci che quello dei voucher fosse uno strumento virtuoso, atto ad arginare il fenomeno del nero: un’altra colossale menzogna firmata Poletti-Renzi. Vediamo invece che i voucher hanno soppiantato contratti a tempo determinato che offrivano ben più ampie tutele rispetto a questi ultimi.
 
In Sardegna, complice la grande assente, una politica per il lavoro, la Giunta Pigliaru, può vantare come risultato oltre il 56%  di giovani con meno di  25 anni senza occupazione, scaliamo la classifica dei peggiori, prima di noi solo la Calabria. Quali misure a favore delle politiche giovanili? Nessuna. Aggrovigliati in una perenne lotta per “gli assetti” o più semplicemente per la poltrona, dopo circa tre anni il piatto piange e i giovani sardi pure.
 
Andrea Vallascas