Esattamente 5 anni fa a oggi, il 1 settembre 2012, prendevano concretamente il via le operazioni di spegnimento della sala elettrolisi in Alcoa e di conseguenza di tutto lo stabilimento. La prima cella elettrolitica ad esser fermata fu la 4221.

Sono ancora impresse nella memoria di coloro che assisterono a quelle scene, le facce tristi dei lavoratori, la loro preoccupazione, frustrazione e rabbia per esser obbligati a spegnere quella che fino a quel momento era stata la loro stella polare del lavoro, dell’indipendenza e della dignità umana.

Oggi, col senno di poi, con l’esperienza e la consapevolezza maturate grazie agli eventi in questi anni, è opinione di molti che probabilmente è stato sbagliato accettare lo spegnimento degli impianti controllato, così come da più parti era stato richiesto in cambio di un repentino riavvio una volta risolta la vertenza, senza opporsi strenuamente alla chiusura dell’ultima grande realtà produttiva in grado di realizzare occupazione e ricchezza per tutto il territorio.

Dopo 60 mesi, resta solo una consapevolezza, ed è quella che a oggi la fabbrica è ancora ferma e a causa di ciò molti lavoratori sono stati costretti a vivere di stenti, ad emigrare e a cercare fortuna altrove. Così come la certezza che i contraccolpi economici della chiusura di Alcoa, allo stesso delle altre realtà produttive, si sono evidenziati con tutta la loro drammaticità in ogni ambito del tessuto sociale territoriale.

Certo, al Ministero dello Sviluppo Economico sono ancora in corso le trattative per il riavvio dello stabilimento, supportate dalla tenacia dei pochi gruppi di “guerriglieri per il lavoro” che non si sono arresi e che tutt’ora sperano, auspicano e sollecitano per una risoluzione positiva della vertenza.
E a ben vedere, da quello che trapela, questa potrebbe essere davvero la volta buona.
Eppure, l’esperienza di questi anni, la ragione del pessimismo, inducono a mantenersi cauti e ad aspettare che realmente agli annunci ed ai percorsi politici virtuosi proclamati, segua la solidità e l’incontrovertibilità dei fatti concreti.