“Il lavoro di progettazione, di produzione, vendita e anche di supporto logistico delle armi e in particolare delle bombe d’aereo prodotte in Sardegna, vendute ai sauditi che il premier incontrerà nei prossimi giorni, non è un lavoro libero, anzi viene nascosto. Non è per niente creativo, ma è lontano da chi ne intasca i profitti e indifferente verso chi ne subisce gli effetti”.

Lo scrive un gruppo di delegati e partecipanti alla Settimana Sociale dei Cattolici italiani, fra laici, sacerdoti e vescovi, che hanno inviato una lettera aperta al presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, intervenuto a Cagliari proprio in occasione dell’evento della Cei.

Un appello al premier per la riconversione della fabbrica di bombe della Rwm di Domusnovas, nel Sulcis, già al centro di aspre polemiche politiche, e per la salvaguardia dell’occupazione: “un’esplicita richiesta per fermare l’invio di quegli ordigni, impiegati dai sauditi nella guerra in Yemen”.

Secondo i firmatari dell’appello quello della produzione di bombe, “è’ un lavoro che non può essere partecipativo ma può essere scaricato facilmente sui territori più poveri e ricattabili. Ed è un lavoro violento, di una violenza inaudita, ingiusta e distruttiva anche delle relazioni civili. Quanto di più distante da tutto ciò che si può definire solidale. Quanto di più lontano dal dettato costituzionale dell’art. 11 e dagli impegni necessari per la salvaguardia della Repubblica e della democrazia. Il governo italiano e la maggioranza del Parlamento – sostengono – hanno espresso finora una imbarazzante indifferenza verso la banalità del male ma esiste una coscienza che resiste nella società e che chiede una riconversione integrale dell’economia. Voce che ha bisogno di sostegno per non cedere al ricatto di chi oppone bombe al lavoro e alla vita”.