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Nel giorno del quarto anniversario della tragica alluvione che sconvolse la Sardegna, Olbia si è raccolta in una marcia silenziosa lungo le vie del fango.

Quelle strade che la sera del 18 novembre 2013 si sono trasformate in trappole mortali per dieci persone, uomini, donne e bambini, vittime innocenti di una bomba d’acqua. Un corteo di fiaccole ha illuminato ieri sera il percorso dove con più violenza si scatenò la furia del ciclone Cleopatra, da via Aspromonte, di fronte alla chiesa di Sant’Antonio verso zona Baratta; via Lazio, davanti alla casa dove è morta Anna Ragnedda, annegata nella sua camera da letto a 83 anni. Poi il corteo di fiaccole è arrivato in zona Bandinu, in via Belgio, luogo diventato simbolo della tragedia che ha sconvolto la città per la morte di una madre con la sua figlioletta: Patrizia Corona, 42 anni, e Morgana Giagoni, 2 anni.

Qui il momento più toccante della serata, con le note dell”Hallelujah di Leonard Cohen fatte riecheggiare mentre dalla strada si levava verso il cielo un mazzo di palloncini bianchi. Il ricordo delle vittime è silenzioso ma ha riacceso negli animi sentimenti di paura e rabbia. Paura perché, a distanza di quattro anni, la città non è ancora sicura e rabbia per la sensazione che nessuno abbia pagato per le proprie responsabilità nella gestione dell’emergenza. “Non c’è stata giustizia -spiegano le sorelle Casalloni, figlie di Anna Ragnedda – noi non vogliamo offendere nessuno ma qui ci sono stati dei morti a causa della mancata allerta. Vogliamo sapere di chi sono le responsabilità. A Genova per due ore e mezza di ritardo nel diramare l’allerta è stata condannata una sindaca, qui per 48 ore di ritardo cosa è successo? Niente, tutti assolti, tutti innocenti?”.