Si chiama Cristiana Pivetta, ha 51 anni e vive a Villamassargia, l’insegnante di italiano che ha letteralmente rivoluzionato il metodo di insegnamento alla scuola secondaria di primo grado, Don Milani, di Carbonia dove è arruolata. La professoressa ha iniziato i suoi studi come pedagogista e negli anni ha sviluppato una predilezione per l’insegnamento della lingua italiana alla quale ha affiancato un’efficace conoscenza delle nuove tecnologie informatiche offerte dall’evoluzione digitale.
Forte di questo background culturale composto da nuove e tradizionali competenze, insegna costantemente ai suoi studenti l’uso cosciente, ragionato e responsabile degli strumenti informatici e i valori civici della cittadinanza grazie anche a uno straordinario progetto dal nome: “Skype a Thon – Open Hearts; Open Minds” col quale, ciclicamente, realizza delle vere e proprie “conference call” con classi di altre parti del pianeta o con musei e altri enti dove i giovani studenti della scuola di Carbonia possono verificare, conoscere e approfondire in tempo reale molti degli aspetti, spesso anche quelli meno evidenziati, che hanno studiato o stanno studiando sui testi scolastici.
Dall’Argentina, al Perù, fino all’Africa profonda, sono molte le contaminazioni culturali realizzate in questi mesi grazie all’interazione generata tra studenti e docenti di diverse nazioni, che si sono confrontati sulle materie scolastiche ma anche sulle differenze di nazionalità, etnia e religione. Temi ogni volta, successivamente, approfonditi dall’insegnante con i suoi ragazzi allo scopo di far comprendere agli stessi l’importanza costituita dalle diversità tra esseri umani non certo come differenze invalicabili ma, invece, come straordinario elemento di ricchezza da valorizzare e preservare per vivere in un mondo giusto nel quale i ponti siano riconosciuti da tutti come i naturali sostituti dei muri che ancora oggi qualcuno vorrebbe erigere. La Pivetta, estremamente spigliata, dalla profonda cultura e con un’invidiabile parlantina, ha il luccichio agli occhi quando parla dei suoi studenti per i quali, è evidente e si percepisce in ogni sua parola, prova amore prima ancora del rispetto dovuto al ruolo che ricopre di formatrice delle loro competenze ,nonché delle relative coscienze.
Ella, infatti, pensa che il compito di un’insegnante sia prima di tutto quello di essere una costruttrice di consapevolezza, di buoni valori e di buone pratiche. A tale scopo, in un contesto storico dove i livelli di analfabetismo di ritorno assumono contorni preoccupanti, nel quale intere fasce di popolazione forgiano le proprie convinzioni e quindi le proprie consapevolezze tramite la rete, spesso condizionati sulla base delle cosiddette fake-news o comunque da narrazioni non sempre totalmente attinenti alla realtà, la professoressa insegna ai propri studenti come si verificano le fonti di ogni notizia e come, in linea generale, discernere il vero dal falso.
In altre parole, ha attivato un’incessante azione di costruzione di quegli strumenti che poi i giovani studenti utilizzeranno nella loro crescita formativa, professionale e dunque umana, per diventare dei veri cittadini consapevoli. Senza i quali, è bene rimembrare, la democrazia rischierebbe di perdere il proprio intimo significato di rifugio per ogni uomo libero e di presidio invalicabile a difesa dei diritti delle persone e specificamente delle minoranze.
Per raggiungere questi obbiettivi la professoressa, nella sua originale predisposizione per le nuove tecnologie, di comune accordo con i genitori dei ragazzi e ovviamente la preside dell’istituto, permette l’utilizzo di alcuni smartphone ai propri studenti che suddivisi in diversi gruppi innescano in particolare sui temi sopracitati, un vero e proprio “brainstorming”allo scopo di stimolare fortemente creatività, curiosità e capacità di affrontare e risolvere i problemi.
Nondimeno, per concludere e a titolo di esempio tra le svariate attività da lei propiziate, dopo una teleconferenza avvenuta con il “Museo del Cairo” e le domande degli studenti ai responsabili dell’ente su molteplici argomenti: dal come si diventa archeologi, a come è fatta un mummia, fino alla vita quotidiana degli antichi egizi (peraltro scarsamente documentata sui libri), i giovani hanno deciso di costruire con “minecraft”, ovvero con quello che per tutti i ragazzi è considerato semplicemente un videogame, delle Piramidi cercando di rispettare alcuni dei principali standard tecnici delle strutture originali. Intrapresa che ne ha stimolato, come espresso in precedenza, la creatività, permettendo loro di porsi degli obbiettivi ma anche degli interrogativi su come gli egizi, migliaia di anni or sono, con una tecnologia infinitamente meno evoluta dell’attuale, riuscirono a costruire della maestose opere ancora oggi di una complessità inquietante. Ma soprattutto, facendo comprendere loro che l’utilizzo corretto di quello che è considerato da molti giovani unicamente come uno strumento di svago, può facilmente diventare un prezioso aiuto per migliorarsi….