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Alla fine Pigliaru ha firmato una nuova perfetta fusione, questa volta non con la monarchia sabauda, ma con l’Esercito Italiano: la Sardegna resterà occupata militarmente con il consenso delle sue istituzioni autonomistiche. Ricordo quando alla grande manifestazione di Capo Frasca lo stato maggiore del PD si era presentato in camicia bianca a fare la voce grossa sulla “necessaria riduzione delle servitù militari”.

Sullo stesso tenore anche il deputato della sinistra italiana Michele Piras il quale ha accolto positivamente l’accordo Stato-RAS. Sempre al tempo della manifestazione di Capo Frasca Piras – ricorda l’amico Andria Pili – aveva dichiarato “imbarazzante” «l’idea secondo la quale se dovessero arrivare dei risultati parziali essi rappresenterebbero una sorta di ‘tradimento’ della causa. Questa sorta di massimalismo nostrano è la miglior premessa per l’inconcludenza».

Il discorso non è però da porre sul piano del gradualismo o del riformismo. L’accordo firmato dal governatore della Sardegna non è riformista né tantomeno gradualista e non va in direzione di una seppur parziale smilitarizzazione della Sardegna. L’accordo assolve alla funzione opposta e cioè al consolidamento e al rafforzamento della presenza militare dello Stato italiano in Sardegna.

Questo non lo dico io ma lo ha dichiarato apertamente la ministra della Difesa Pinotti quando afferma che «di fatto abbiamo accolto tutte le richieste che erano accoglibili. Esistono delle esigenze per la difesa della Repubblica e per questo sono necessarie delle aree in cui i militari si possono addestrare per affrontare i diversi scenari. Se gli uomini non fossero addestrati metteremmo a rischio la loro incolumità. Noi facciamo un ragionamento di sistema, nazionale, in cui rientrano anche il Friuli e la Puglia. Abbiamo cercato di pacificare gli animi dopo un periodo di contrasto. Sono soddisfatta del protocollo di intesa con la Regione».

Chiaro no? Le due spiaggette che qualche mese all’anno verranno aperte al pubblico e la promessa di non sparare durante il periodo estivo per non spaventare i turisti sono il prezzo da pagare per pacificare una situazione conflittuale che stava mettendo seriamente a rischio l’utilizzo dell’isola come poligono addestrativo anche da dare in affitto a danarose multinazionali delle armi.

Sull’analisi puntuale rimando volentieri al documento di A Foras che fa le pulci a questa truffa facendo notare come la mela avvelenata consista nell’implementazione del SIAT, (Sistema Integrato per l’Addestramento Terrestre), e di altri sistemi duali e il sempre più ampio coinvolgimento dell’Università che drena fondi pubblici dalla ricerca verso l’industria bellica. Anche il documento del segretario di ProgReS Gianluca Collu è importante per smascherare un aspetto centrale dell’accordo-truffa: quello degli osservatori ambientali. Peccato che il Governo Renzi abbia a suo tempo approvato un «decreto legge che  aumenta di fatto i limiti di “inquinamento consentito”  delle aree militari per alcune sostanze fino a  cento volte i valori attuali». Insomma, a che servono degli osservatori ambientali indipendenti se poi nei poligoni militari si può inquinare per decreto?

Le carte sono scoperte sul tavolo. Resta una sola strada per smantellare l’occupazione militare della nostra terra e cioè la mobilitazione di massa della nazione sarda per la chiusura e la riconversione di tutti i poligoni. Rimbocchiamoci le maniche!

Cristiano Sabino