Soffocata, coperta da ombrelloni e lettini, ridotta a una kasbah, assediata da centinaia di auto roventi sotto il sole, avvolta da olio solare e odori da cucina. Solo il mare, dove yacht e gommoni parcheggiano in doppia fila, mantiene gli straordinari colori del Mediterraneo. La sabbia non si vede più, calpestata da migliaia di presenze quotidiane.

E’ la spiaggia di Tuerredda, a Teulada (CA), nei mesi estivi letteralmente soffocata da chioschi, ombrelloni, parcheggi mentre dovrebbe esser salvata da un rigido numero chiuso di auto e bagnanti, come alla Pelosa di Stintino, per capirci.

Ma, grazie anche all’ignavia della Regione autonoma della Sardegna, prodiga di inattuate ecologicissime linee guida per la gestione delle spiagge, all’Amministrazione comunale – dispostissima anche a farla assediare dal cemento – e ai vari imprenditori turistici che lucrano sul luogo non importa un beneamato fico secco.

Nemmeno una stilla di vergogna. Hanno la mitica bandiera blu. Svetta su uno dei parcheggi, assegnata dalla Fondazione per l’Educazione Ambientale (F.E.E.): nell’immaginario collettivo, grazie anche a un’informazione superficiale, è sinonimo di qualità ambientale, in realtà i criteri di assegnazione sono molto di manica larga e spesso e volentieri rappresentano un grossolano maquillage d’immagine per veri e propri scempi ambientali.

Nel mentre Tuerredda agonizza e, continuando così, fra qualche anno ne rimarrà solo il ricordo. Grazie all’ignavia, all’avidità, all’ipocrisia e al becerume.

L’opinione del Gruppo d’Intervento Giuridico onlus