Un impegno lungo sei mesi, parecchie notti insonni e ben 500 pagine di tesi: è il duro lavoro di Alessandro Murgia, Marta Barrui e Stefano Tavera, talentuosi architetti sardi laureati all’Università di Cagliari nel 2016. L’impegno è stato però ben ripagato: i tre si sono aggiudicati il secondo posto al premio Sira 2018, Migliore Tesi in Restauro Architettonico. Il lavoro, dal titolo Misura, analisi, restauro. Studi interdisciplinari per il riuso del complesso monumentale di San Giuseppe a Cagliari, è stato coordinato dalla docente di Restauro Donatella Rita Fiorino. La tesi è stata seguita anche da Vincenzo Bagnolo per le fasi di rilievo, Giovanni Battista Cocco per il progetto di composizione architettonica, Silvana Maria Grillo per l’analisi dei materiali, Marcello Schirru per lo studio storico e archivistico e della tutor del corso dottoressa Elisa Pilia.

Il convegno, tenutosi il 21 e 22 settembre a Bologna e che ha visto in concorso più di un centinaio di tesi, ha voluto premiare docenti e studenti ricercatori che si sono impegnati nelle diverse fasi del processo di conservazione, restauro e tutela dei beni architettonici italiani.

La tesi

Il lavoro di Murgia, Barrui e Tavera si è concentrato sull’analisi di conoscenza dell’intero complesso monumentale, spingendosi fino a un preliminare progetto di una sua rifunzionalizzazione.

Il San Giuseppe di Cagliari, edificato nella seconda metà del XVII secolo dai Padri Scolopi e che si sviluppa tra via San Giuseppe, via Genovesi e via Università, è infatti chiuso al pubblico in attesa di sostanziosi fondi per il restauro. Il progetto di tesi si è proprio concentrato sull’ideazione di un piano generale per il riuso dell’intero complesso, analizzando gli elementi di criticità, che nel corso dei decenni hanno portato alla frammentazione dell’organismo architettonico.

“La prima fase della tesi – racconta Stefano Tavera, cagliaritano – è partita dall’acquisizione del materiale archivistico che ha permesso un’approfondita ricostruzione storica del complesso. Successivamente abbiamo realizzato i rilievi geometrici dei vari livelli dell’area, con particolare riguardo nei confronti dei locali sotterranei”.

I tre architetti hanno poi analizzato le stratigrafie murarie a partire dal rilievo degli elevati architettonici. “Su questa base – sostiene Marta Barrui, originaria di Tortolì – abbiamo individuato i materiali e le patologie di degrado presenti nelle strutture. 

Successivamente ci siamo concentrati sull’obiettivo principale del progetto: il riuso del complesso, per una totale fruibilità del bene da parte delle persone”.

Il premio Sira, assegnato ai giovani architetti dalla Società Italiana per il Restauro dell’Architettura, è uno dei più prestigiosi. “Per noi sarebbe stato già un grosso traguardo arrivare tra i finalisti”, commenta Alessandro Murgia, originario di Seulo. “Certo, sapevamo di aver fatto un buon lavoro, ma non ci aspettavamo di certo di prendere un aereo per Bologna e classificarci secondi a questo autorevole concorso”.

“La forza di questo lavoro – ha commentato la coordinatrice della tesi Donatella Rita Fiorino – è certamente da ricercare nel meticoloso lavoro di Alessandro, Marta e Stefano. I tre ragazzi avevano già trattato questo tema in uno dei laboratori di Restauro e lo hanno ulteriormente sviluppato nella loro tesi. Questo ha consentito di massimizzare le loro energie su un lungo e accurato percorso, supportato con un equipe di specialisti che li hanno seguiti nelle varie tematiche della tesi. Ci tengo a evidenziare – conclude la docente – che il progetto è stato consegnato alla presenza di tutti i docenti di restauro italiani”.