“Tutto quello che è successo era largamente prevedibile: il rio Santa Lucia a Capoterra è uno dei corsi che ha la maggiore portata d’acqua in Sardegna. Per molti mesi dell’anno è secco, ma l’acqua alla fine si convoglia nei pochi vuoti ancora lasciati liberi dalle costruzioni. E, come abbiamo visto, distrugge tutto: tre anni fa era successa la stessa cosa”.

È l’accusa del presidente dell’associazione ambientalista Gruppo d’intervento giuridico Stefano Deliperi, all’indomani del nubifragio che ha colpito il sud Sardegna e provocato la morte di una donna, mentre un pastore risulta ancora disperso.

“Questo succede perché la cassa di espansione del rio Santa Lucia – spiega – è stata così ridotta e limitata dalle costruzioni dell’uomo che, appena si crea il varco, la situazione diventa devastante: l’acqua si riprende il suo antico percorso. E il rio Santa Lucia raccoglie le acque che arrivano dall’Iglesiente. Se poi consideriamo che lungo il suo letto è pieno di discariche abusive ecco che la forza di questo corso d’acqua diventa incontrollabile”.

Ma cosa si può fare? “A furia di esposti in questi anni siamo risusciti a evitare o a far arretrare nuove costruzioni – racconta – ora bisognerebbe avere il coraggio di fare un’altra cosa: delocalizzare. E cioè trasferire in luoghi più sicuri le abitazioni abusive (ma ci sono stati anche molti condoni) e i residenti. Ripeto: ci vuole molto coraggio”.