Dopo Volkswagen, Audi, Daimler e Bmw anche Opel finisce nell’occhio del ciclone della giustizia tedesca e la lista dei produttori d’auto coinvolti nel dieselgate si allunga. Nella stessa giornata sulla casa automobilistica di Ruesselheim si è abbattuto un doppio colpo: la mattina la procura ha proceduto ad una vasta perquisizione nelle sedi commerciali, mentre nel pomeriggio la motorizzazione tedesca (BKA) ha annunciato il prossimo richiamo di 100.000 veicoli.

“Il richiamo ufficiale di circa 100.000 auto è prossimo”, ha comunicato il ministero dei trasporti tedesco, riferendosi ai modelli diesel sui cui pende il sospetto di essere dotati di un software truccato per le emissioni dei gas di scarico. Sarebbero 95.000 le auto coinvolte in tutta Europa, in particolare i modelli diesel euro 6 Zafira, Cascada e Insignia. Sul fronte giudiziario stamattina le sedi Opel di Russelheim e a Kaiserslautern sono state sottoposte ad una perquisizione da parte di 33 pubblici funzionari coordinati dalla procura di Francoforte. “Indaghiamo per frode nell’immissione sul mercato di auto diesel con software che manipola i valori sull’emissione dei gas di scarico” ha confermato il procuratore Nadja Niesen a Handelsblatt.

L’indagine della motorizzazione ha origine lontana e risale alla fine del 2015, quando per la prima volta l’ufficio federale, alle dipendenze del ministero dei trasporti, ha richiesto le prime verifiche. A inizio 2018 la BKA ha chiesto dei nuovi riscontri ma “l’audizione ufficiale è stata continuamente rimandata con sempre nuove motivazioni tecniche”, fanno sapere dal ministero.

Opel, che è stata acquisita un anno fa dal gruppo francese Psa – rispedisce al mittente le accuse e fa sapere che le sue auto corrispondono ai regolamenti. ”In questo momento non possiamo commentare dettagli riguardanti l’indagine in corso – afferma in una nota Opel – La società sta collaborando pienamente con le autorità. Opel ribadisce che i suoi veicoli sono conformi alle normative vigenti”.