La Sardegna, finora, è la Regione a Statuto speciale che ha sfruttato meno questo strumento pattizio con lo Stato. E’ ciò che emerge dal convegno “Lo stato di attuazione dello Statuto speciale della Sardegna. Un bilancio dopo 70 anni”, organizzato in Consiglio regionale dall’associazione degli ex consiglieri regionali della Sardegna.

“I dati – ha affermato uno dei relatori, Michele Sias (studioso e funzionario della prima commissione permanente) – parlano di un regionalismo speciale a più velocità: la Sardegna ha soltanto 29 norme d’attuazione approvate dal 1949, la Valle d’Aosta ne ha 30 dal 1994, 48 il Friuli dal 1963, il Trentino Alto Adige ne ha 191 e la Sicilia ne ha 30”. Lo stesso presidente del Consiglio regionale, Gianfranco Ganau, ha ammesso che “la Sardegna ha utilizzato poco lo strumento delle norme di attuazione rispetto alle altre regioni”.

Secondo il Massimo rappresentante dell’Assemblea sarda, “le norme di attuazione possono anche essere viste come integrazione e adeguamento degli statuti stessi, dunque va valutata la possibilità di dare risposte, attraverso tali norme alle più evidenti carenze dello Statuto: quelle che riguardano il diritto alla mobilità, al diritto ad essere collegati alle reti energetiche nazionali, ma anche ai temi riguardanti la scuola, l’educazione, i beni culturali”. Al convegno hanno partecipato anche l’assessore agli Enti locali, Cristiano Erriu, Francesco Agus, presidente della commissione Autonomia, Gianmario Demuro, docente nella facoltà di Giurisprudenza a Cagliari, Eliseo Secci, presidente dell’Associazione ex consiglieri regionali della Sardegna, Benedetto Barranu (Associazione ex consiglieri regionali della Sardegna), Giorgio Macciotta (ex parlamentare), Vanni Lobrano (Università di Sassari), Paolo Fois (Università di Sassari), Ilenia Ruggiu e Alessandro De Martini (componenti della Commissione paritetica Stato-Regione).