Marco Cappato, imputato per aiuto al suicidio per la morte di Fabiano Antoniani, noto come dj Fabo, in aula a Palazzo di Giiustizia, 14 febbraio 2018. ANSA/DANIEL DAL ZENNARO

“Attendiamo con rispetto l’udienza e la decisione”. Quando  pronuncia questa frase, Marco Cappato sta uscendo dal tribunale di Massa, ma non parla dei giudici toscani di fronte ai quali si è aperto il processo per la morte in Svizzera, con suicidio assistito, di Davide Trentini, malato di Sla; bensì della Corte Costituzionale che dovrà pronunciarsi sulla vicenda di dj Fabo. Tetraplegico, cieco, non più autonomo dopo un incidente, aveva espresso la volontà di ricorrere al suicidio assistito. Cappato, esponente dell’associazione “Luca Coscioni” per la libertà di cura e di ricerca, lo accompagnò in una clinica svizzera dove morì il 27 febbraio 2017. Per questa “azione di disobbedienza civile”, come la definisce, Cappato è imputato di fronte alla Corte d’assise di Milano, che a febbraio ha però sospeso il processo e inviato gli atti alla Consulta, dubitando della legittimità dell’art. 580 del codice penale su istigazione e aiuto al suicidio: le due condotte, è il ragionamento di fondo, sono messe sullo stesso piano.

Ora la palla passa ai giudici costituzionali. La questione è di quelle che dividono e il quadro è aperto. A esporre la causa sarà il relatore Franco Modugno. La parola passerà quindi a Filomena Gallo, Vittorio Manes e gli altri legali che rappresentano Cappato, che sarà in udienza: a loro il compito di sostenere il diritto ad autodeterminarsi. Poi sarà la volta dell’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri, che punterà sulla riserva di legge in materia penale e sul rischio che una dichiarazione di illegittimità costituzionale produca un vuoto normativo a danno dei soggetti più deboli, dai malati con gravi patologie alle vittime degli haters sui social.