epa06836696 Italian Prime Minister Giuseppe Conte (R) is welcomed by European Commission President Jean-Claude Juncker (L) for an informal meeting on migration and asylum issues in Brussels, Belgium, 24 June 2018. European Commission President Jean-Claude Juncker hosts the gathering ahead of a full summit of all 28 European Union leaders to overhaul the EU asylum system on June 28. EPA/YVES HERMAN / POOL

Oggi pomeriggio informativa urgente di Conte alla Camera sulla bocciatura della Manovra da parte della Commissione europea: secondo fonti di Governo, sarà l’occasione per ribadire anche la fiducia nel dialogo con l’Ue. Bruxelles vede un “non rispetto particolarmente grave” delle regole di bilancio, aprendo la strada alla procedura per deficit eccessivo basata sul debito. “Così non è una manovra ‘positiva per il popolo'”, commenta Moscovici.

Intanto sabato Giuseppe Conte si presenterà da Jean Claude Juncker a cena con un corposo faldone.

Ma senza portare in dote modifiche ai saldi della legge di bilancio: illustrerà manovra e riforme collegate, con cifre nel dettaglio, il piano di dismissioni di immobili dello Stato – magari via Cdp – da “decine di miliardi” per ridurre il debito. Ma ascolterà anche, con attenzione, il presidente della commissione. Perché dalla cena di Bruxelles parta la vera fase di dialogo.

Per provare a evitare in extremis la procedura d’infrazione o quantomeno rallentarne i tempi e ridurne l’impatto: evitare, in sintesi, che venga richiesta una manovra correttiva da decine di miliardi prima delle europee. Ecco perché Conte garantirà toni italiani più morbidi, chiederà a Bruxelles di tranquillizzare i mercati “rassicurando sui fondamentali dell’Italia”. E poi – anticipano a Palazzo Chigi – si metterà al telefono con le cancellerie europee. Perché una procedura d’infrazione a manovra non approvata in Parlamento non si era mai vista in Europa e i “gialloverdi” pensano sia stata decisa “non solo per punire un governo, ma per educarli tutti”.

In ogni caso, sia dialogo vero: è questo l’auspicio che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella non si è stancato di far pervenire al governo. Dal Quirinale non trapelano commenti alla bocciatura della manovra. Ma certo, tenere aperto un confronto con l’Ue è reputato cruciale. E ancora una volta nel governo sembra la Lega la parte più sensibile alle ‘sirene’ della responsabilità. Salvini usa toni forti e fonti leghiste smentiscono un’apertura del leader a rivedere i tempi – e quindi l’impatto – di reddito di cittadinanza e quota 100. Ma i sottosegretari a lui vicini, a taccuini chiusi, si dicono pronti a innestare nella manovra “un po’ di roba sana” come i Cir e magari contenere i confini delle misure. Perché magari il deficit si fermi un paio di decimali sotto il 2,4%, al 2,2%.
Il timore di Di Maio è che alla fine la Lega ceda. Ecco perché chiede a Salvini di farsi garante della tenuta del patto di governo. Il sospetto è che nel voto segreto sul peculato che ha visto la maggioranza soccombere in Aula alla Camera, ci sia non solo il tentativo leghista di dare un segnale sui temi della giustizia, ma anche di esprimere all’alleato tutto il disagio che sale dai territori per l’andamento dei mercati e la manovra.

I rapporti nella maggioranza sono già logori: a denti stretti, lo ammettono da entrambe le parti. La lacerazione è “profonda”, dicono ai vertici del M5s. Il sospetto è che la Lega – che starebbe ricucendo i rapporti con il Quirinale – si prepari a chiedere a Mattarella di tornare a votare nel 2019. In parallelo – e questo agita ancor più il M5s – si teme che sia già iniziata la caccia ai “responsabili” che potrebbero comporre una maggioranza alternativa di centrodestra: la “porcata” del voto segreto sull’anticorruzione viene interpretata pure così.

Il dialogo nella maggioranza si fa insomma più difficile, tutto rallenta. Anche una nomina che sarebbe cruciale in questa fase come quella del presidente Consob è ancora bloccata. Il nome M5s di Marcello Minenna non piace alla Lega, che propone Antonio Maria Rinaldi. Dalla Consob passerebbe la proposta di Giancarlo Giorgetti di frenare i contraccolpi sui mercati vietando le vendite allo scoperto dei titoli bancari. Ma per ora dall’autorità affermano che l’ipotesi, che ha un precedente nei mesi della bufera del 2011, non è alla loro “attenzione”.