Gli artisti che decidono di risiedere a Cagliari e nell’isola, convivono quotidianamente, con la sensazione di vivere ed essere una memoria culturale e storica che non serve a nulla.
La crisi del valore simbolico, poetico e rituale del linguaggio dell’arte sostituito progressivamente dall’estetica del selfie, cosa è se non un tracollo del linguaggio e della storia che relega ricerche e linguaggi ai margini della comunicazione nel nome dell’omologazione della propria immagine?

In Sardegna si sta marciando verso le Regionali, e nel nome di un presunto “realismo” o “pragmatismo”, si accetta a testa china una politica Regionale che devasta da sempre la propria cultura, identità, memoria, territori e paesaggi e che sembra non conoscere il significato della parola Accademia, la parola Accademia evoca da queste parti l’Accademia militare piuttosto che le Belle Arti.

La politica regionale sembra avere la predisposizione genetica e biologica, coltivata in tremila anni di servitù lottizzata priva di una coscienza d’insieme, a creare generazioni perdute o migranti, prive di cultura e di memoria, tutto questo alimenta solo la coltivazione di memoria da cartolina a dimensione turista, che rende naturalmente servi e servitori del consumo culturale dell’altrove.

Come si coltiva una memoria, una città metropolitana, la dignità d’espressione dell’umano, il linguaggio dell’arte come bene comune, senza un’Accademia di Belle Arti a Cagliari nel terzo millennio?

La politica locale sembra averci fatto il callo, sembra avere la consapevolezza che l’abitudine alla deprivazione abbia generato nel Cagliaritano rassegnazione, indifferenza e cinismo verso ciò che non ha mai avuto.

Eppure Cagliari potrebbe rinascere dalle sue rovine, potrebbe pretendere il suo giusto Rinascimento come chiave d’accesso a una sua modernità artistica e culturale, rivendicare la sua ambizione d’essere al passo con i reali orizzonti Europei; questo se è vero che la valorizzazione e la messa a sistema dei propri artisti residenti è un modello che il capitalismo ha considerato vincente, anche se valutato esclusivamente dal punto di vista turistico (modello di sviluppo che a Cagliari e nell’isola oggi sembra essere l’unico possibile).

La Storia dell’Arte è fatta di tanti Rinascimenti locali, indispensabili per sviluppare un’autocoscienza della propria storia.

Dimostrare che Cagliari, sia sempre stata fuori e marginale, rispetto a un’idea e a una visione di Rinascimento Europeo è semplicissimo per qualsiasi storico dell’arte, antropologo o sociologo serio e che si possa definire tale; l’assenza di un’Accademia, ha da sempre impedito uno sguardo sul passato che si sia potuto tradurre in fioritura culturale, questo nonostante il Rinascimento Europeo non abbia nulla di unico e omologante di luogo in luogo, da territorio a territorio, da comunità a comunità.

I vari Rinascimenti Europei passano per le Accademie di Belle Arti, e presuppongono l’idea di una nuova nascita e di una nuova coscienza, piena autocoscienza, Rinascimento è permettersi nel tempo libero di dedicarsi all’Arte e alla cultura, alla propria formazione artistica, in virtù di un nodo territoriale diffuso di educazione e rivisitazione permanente della propria arte e cultura.

Il Rinascimento in Italia e in Europa (non in Sardegna e a Cagliari) ha la vibrante dimensione storica di risposta alla decadenza e alla morte, è ciò di cui in questo tempo Cagliari e la Sardegna hanno necessità assoluta, nulla di trionfale, ma consente formazione ed educazione all’arte per rinascere ciclicamente dalle proprie rovine con coscienza e insegnare qualcosa.

L’opinione di Mimmo Domenico Di Caterino