E’ previsto domani mattina nel carcere nuorese di Badu ‘e Carros l’interrogatorio di garanzia nei confronti di Alhaj Ahmad Amin, il 38enne libanese di origini palestinesi arrestato ieri a Macomer con l’accusa di essere affiliato all’Isis e di voler progettare un attentato in Sardegna durante le feste, avvelenando le acque della rete idrica isolana con sostanze chimiche e cancerogene.

L’uomo, che sarà assistito da un avvocato d’ufficio del foro di Oristano, sarà interrogato per rogatoria dalla Gip del tribunale di Nuoro Teresa Castagna, salvo modifiche all’ultimo momento.

Colpire in Sardegna per seminare il terrore e lanciare il segnale che “nessun luogo è sicuro”. È l’ipotesi su cui stanno lavorando gli investigatori della Digos di Cagliari e di Nuoro dopo l’arresto di Alhaj Ahmad Amin, il presunto terrorista affiliato all’Isis arrestato ieri a Macomer e ora rinchiuso nel carcere nuorese di Badu ‘e Carros. Il 38enne, infatti, dopo aver aiutato il cugino – poi arrestato dalla polizia libanese – a pianificare l’avvelenamento con la ricina di alcuni serbatoi d’acqua da cui si approvvigionava l’esercito libanese, aveva tentato di acquistare analoghi prodotti nocivi una volta rientrato in Italia.

Aveva anche chiesto allo stesso cugino di vedere alcuni filmati e di leggere i documenti in cui veniva spiegato come ottenere la ricina. Tornato a Macomer, risulta che Amin avesse continuato ad avere contatti con il parente libanese. Insieme avrebbero progettato di contaminare alcuni alimenti con la polvere di ricina durante un evento pubblico in Sardegna. Il 38enne, secondo quanto emerso dalle indagini, ha visitato numerosi siti internet mostrando “un inconsueto, ma perseverante interesse per alcune microtossine afferenti alla filiera agro-alimentare e per le conseguenze sulla salute pubblica”, scrive la Gip del tribunale di Cagliari Lucia Perra nell’ordinanza di applicazione della misura cautelare.

In particolare Amin si sarebbe documentato sulle cosiddette “aflatossine”, della categoria più pericolosa, e sul methomil. Ma avrebbe anche studiato un pesticida, il Lannate 90, non commerciabile in Italia perché ha concentrazioni superiori a quanto consentito dalla normativa vigente. Per procurarsi il materiale, il presunto terrorista avrebbe anche visitato siti esteri per l’acquisto on-line.