Adesso i candidati governatore che sulla carta hanno più possibilità di vincere le regionali di febbraio 2019 hanno tutti un nome: mancava solo quello del M5s, arrivato ieri con il ballottaggio alle regionarie bis.

Per i pentastellati è in campo Francesco Desogus, che dovrà sfidare il senatore del Psd’Az-Lega Christian Solinas del centrodestra e il sindaco di Cagliari Massimo Zedda del centrosinistra. Desogus, dipendente della Città Metropolitana di Cagliari, è il più anziano (ha 58 anni) ma ha già definito i suoi due competitor (entrambi 42enni) “vecchi politici di professione”. Per il movimento fondato da Beppe Grillo, che alle scorse politiche ha ottenuto il 42% nell’Isola, si tratta della prima volta alle regionali. Nel 2014, infatti, proprio l’ex comico genovese si era rifiutato di concedere il simbolo a causa dei dissidi interni al M5s sardo.

I grillini non sono stati fortunati neanche stavolta. Loro un candidato ce l’avevano già da agosto, quando erano state celebrate le prime regionarie vinte da Mario Puddu. Poi l’ex sindaco di Assemini è stato condannato a un anno per abuso d’ufficio e ha dovuto fare un passo indietro. Ora la strada è molto in salita, considerato anche che il movimento non stringerà alleanze con nessuno. Tutto più facile per il centrodestra. Il candidato governatore è stato indicato dalla Lega in virtù di un accordo politico stretto da sardisti e Carroccio in occasione delle politiche del 4 marzo. Lega che a livello nazionale governa con il M5s, ma che nelle quattro regioni al voto conserva la tradizionale alleanza con Forza Italia e Fratelli d’Italia.

L’investitura di Solinas non è stata indolore. Fino all’ultimo un’area di Fi ha remato contro, mentre i Riformatori (una delle undici sigle della coalizione) speravano in un altro nome. Ora però comincia la corsa, ed è certo che i partiti lavoreranno compatti per centrare l’obiettivo dichiarato da Salvini: conquistare il governo della Sardegna. Il centrosinistra punta tutto su Massimo Zedda, il primo cittadino corteggiato per settimane da altri 130 sindaci che gli chiedevano di diventare il “sindaco della Sardegna”. Ma anche dal Pd, seppure sotto traccia. Alla fine Zedda ha accettato, ma a condizione che a tutti nella coalizione fosse chiaro un principio: la sua legittimazione dal basso. Anche per questo ha annunciato una campagna elettorale senza big di partito e molto “low profile”. Facile invece immaginare approdi in terra sarda dei vari esponenti nazionali dal ritorno di Salvini a Berlusconi, dalla Meloni e Di Maio.

Il sindaco è per la concretezza e fino all’ultimo non rinuncerà ad avere dalla sua parte il polo dell’Autodeterminazione, il quarto schieramento in campo composto da sigle autonomiste e indipendentiste con un candidato governatore ufficiale: il funzionario della commissione Ue Andrea Murgia. Nel centrosinistra, poi, le diplomazie non hanno mai smesso di lavorare sul fronte Pds, il partito ideatore delle ‘primarias’ della nazione che saranno celebrate dal 6 al 16 dicembre, e che dovrebbero esprimere il quinto candidato in gara, il leader del movimento Paolo Maninchedda. Potrebbe esserci spazio anche per qualche outsider: è di oggi la notizia di un confronto politico aperto dagli indipendentisti di Progres e Unidos, il cui leader, l’ex deputato Pdl Mauro Pili, che ha già ricoperto l’incarico di governatore dal 2001 al 2003.