Amnesty International ha rivolto, martedì scorso un appello al ministro dell’Interno Matteo Salvini e al capo della Polizia Franco Gabrielli, per chiedere che le forze di polizia siano dotate di codici identificativi alfanumerici individuali durante le operazioni di ordine pubblico.

La richiesta di Amnesty arriva dopo 17 anni dal G8 di Geno­va del 2001. L’associazione ritiene che, durante quell’evento, nonostante le violazioni dei diritti umani commesse siano state accerta­te in giudizio, diversi poliziotti coinvolti sono rimasti impuniti, in parte proprio perché non fu possibile risalire all’identità di tutti gli agenti presenti.

Non è la prima volta che Amnesty porta avanti una campagna per chiedere l’utilizzo di codici identificativi ben visibili sulle uniformi degli agenti impegnati in attività di ordine pubblico. Infatti, già nel 2011, in occasione del 10° anniversario del G8 di Genova, aveva promosso la campagna “Operazione trasparenza. Diritti umani e polizia in Italia” in cui si chiedeva al Governo di esprimere pubblicamente una condanna e delle scuse verso le vittime per le violazioni dei diritti umani commesse dalla polizia a Genova nel 2001. Inoltre, chiesero indagini veloci e dettagliate seguite da processi equi qualora fosse stata accertata la violazione dei diritti umani da parte degli agenti.

“Questa campagna non è ‘contro le forze di polizia’, che sono attori chiave nella protezione dei diritti umani.”  Ha evidenziato il presidente di Amnesty International Italia Antonio Marchesi: “Affinché questo ruolo sia riconosciuto nella sua importanza e incontri la piena fiducia di tutti, è però fondamentale che eventuali episodi di uso ingiustificato o eccessivo della forza siano riconosciuti e sanzionati adeguatamente, senza che si frappongano ostacoli all’accertamento delle responsabilità individuali”.

Nel 2012 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla situazione dei diritti fondamentali nell’Unione europea, in cui sollecita gli stati membri “a garantire che il personale di polizia porti un numero identificativo”. Diversi gli stati che hanno accolto l’invito dell’Europa, ma non l’Italia.

Nel corso degli anni ci sono state numerose iniziative parlamentari che hanno sottolineato la necessità di rendere più agevole l’individuazione dei singoli agenti che operano nell’ordine pubblico in occasione di manifestazioni.  Ma queste proposte non si sono realmente concretizzate.  Amnesty International ritiene sia ormai necessario presentare una normativa in linea con gli standard internazionali, che preveda l’utilizzo di codici identificativi alfanumerici ben visibili sulle uniformi degli agenti impegnati in attività di ordine pubblico e che stabilisca che l’inosservanza di detto obbligo venga sanzionata.

“L’introduzione di misure come i codici identificativi per gli agenti impegnati in operazioni di ordine pubblico rappresenta non solo una garanzia per il cittadino – conclude Marchesi– ma anche una forma di tutela per gli stessi appartenenti alle forze di polizia: una misura che non dovrebbe essere temuta né avversata da chi svolge il proprio lavoro in maniera conforme alle norme e agli standard internazionali sui diritti umani”.

Alla campagna hanno aderito Associazione Federico AldrovandiA Buon DirittoAntigoneAssociazione Stefano Cucchi Onlus e Cittadinanzattiva.

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