“La responsabilità politica di Cesare Battisti è di non aver capito per tempo il ruolo centrale politico che la sua vicenda personale giocava per tutti. Ma oggi secondo me la responsabilità politica, gravissima, dell’indebolimento dello stato diritto è sia di un ministro dell’Interno che dicendo ‘marcirà in galera’ fa carta straccia dell’articolo 27 della Costituzione, sia di tutto il coro che si è levato in questi giorni attorno a questa vicenda. Si tratta di due discorsi molto distanti e due tipi di responsabilità diverse”. Lo spiega Christian Raimo, lo scrittore e assessore del municipio III di Roma che 14 anni fa firmò l’appello per la liberazione di Battisti.

E aggiunge: “sono per l’amnistia anche per un personaggio così, serve una riflessione non la galera”. “Oggi lo scalpo di Battisti serve alla tenuta ideologica e politica di questo Governo, diviso su molte cose ma unito sull’idea di populismo penale -aggiunge- Questo fa sì che da oggi sia molto più difficile parlare di carcere e di misure alternative e sia diventato quasi impossibile riflettere storicamente su quanto avvenuto negli anni ’70, quando ci furono 50 mila inquisiti, 6000 persone messe in galera e una sospensione di diritti fondamentali in nome dell’emergenza. E’ come se la vicenda di Battisti avesse spazzato via decine di migliaia di libri su quegli anni, rendendo più semplice lo scivolamento su una gestione del potere politico in senso securitario. Questa poteva essere l’occasione per riflettere sulla violenza politica degli anni ’70 e sulla funzione del carcere, e invece ha invece messo un’ipoteca sul fatto che su questi temi non si possa parlare”. Raimo quindi racconta di aver “ricevuto”, sotto il primo post su Battisti pubblicato ieri su Facebook, “centinaia di messaggi che auguravano la morte di mio padre. E’ morto già 10 anni fa ed è una delle persone che mi ha insegnato il valore dello stato di diritto”.