Già negli anni settanta si ragionava sui limiti del concetto di cultura, l’arte e la cultura non sono e non possono essere formazione lunghissima e non autonoma. L’arte non può essere un linguaggio simbolico statico nel tempo che si riproduce all’infinito, la ricerca artistica non può avere come una convenzione il valore simbolico di mercato attestato e compreso dalle classi sociali più elevate. L’arte che non si muove e non si contamina, che non educa e non dialoga, è arte non calibrata sulla persona, è un tranquillante che si propone come valore assoluto e non uno stimolante. Studiare e approfondire valori consolidati, senza ricercare, non rende liberi artisticamente e culturalmente, anzi contribuisce al mantenimento dello status quo.

L’artista, dal dopoguerra del secolo scorso, si è progressivamente conformato a un valore di ricerca attestato dal mercato; ricchezza, potere e onore in cambio di una totale aderenza agli standard del pensiero unico (anche quello politico programmatico) in corso d’opera, l’artista non conforme era etichettato come “incompreso” e lo si abbandonava tra gli stati più poveri, ignoranti e ignorati delle diverse comunità locali che tendevano globalmente a connettersi. L’Alta Formazione Artistica in tale maniera è stata limitata, arginata, i linguaggi dell’arte non dovevano proiettare le comunità verso il futuro ponendo domande, l’artista professionista era quello “quotato”, attraverso il quale si ometteva coscienza e conoscenza critica, che arginava mutazione e autodeterminazione. Cagliari oggi però, fa i conti, dopo la diffusione persuasiva dei media di massa con le nuove tecnologie che globalmente interconnettono le sue reali politiche artistiche con l’altrove, la certezza che il solo Cagliaritano ha in Europa, che i propri artisti siano un patrimonio inutile da coltivare, non è più granitica.

L’attuale contesto sociale e culturale consente d’essere libero soltanto a chi si assume la responsabilità, come scelta, del proprio linguaggio e dei propri pensieri, secondo i propri desideri, senza un’Accademia di Belle Arti, chi farà riflettere gli artisti in formazione e residenti a Cagliari, su come la libertà artistica, sia una programmatica forma di disciplina, educazione e autodeterminazione? Quali creativi e quali artisti si formeranno, abbandonando l’Alta Formazione Artistica Cagliaritana agli umori dei social o alla riduttiva e feudale visione dell’arte come “professione”? Fino alla fine del millennio, era possibile per Cagliari nascondere la polvere sotto il tappeto, adesso è la polvere del ritardo a nascondere a Cagliari le innumerevoli possibilità che le offrirebbe l’Alta Formazione Artistica residente.

I giovani artisti d’area Cagliaritana, perché dovrebbero accettare i compromessi che le generazioni precedenti gli hanno imposto di sopportare? Il sistema dell’arte fondato sul mercato sta crollando ed è in parte già crollato (è tenuto artificialmente in vita dai suoi più arcigni e facoltosi investitori e si è insinuato nel pubblico). Cagliari necessita con una sua Accademia di Belle Arti, d’aprirsi una sua porta verso il futuro, questo non toglie che Cagliari può anche dichiarare il suo decesso artistico e culturale nel contemporaneo nel nome delle sue insicurezze, ma potrebbe anche andare oltre e navigare con i suoi artisti altamente formati in spazi aperti. L’Accademia a Belle Arti a Cagliari potrebbe fare ragionare il Cagliaritano sull’arte come agente propulsivo di cambiamento, stimolare la coscienza artistica in una comunità che per scelta personale potrebbe trovare in ogni cosa, uno stimolo verso il cambiamento.

Pensateci, una Cagliaritano che dinanzi propagande televisive e mediatiche, dinanzi un quadro o un fumetto, possa iconologicamente considerare: questo prodotto è un tranquillante o uno stimolante per i miei neuroni? L’Alta Formazione Artistica a Cagliari non è mai stata, la comunicazione via social network evidenzia il distacco tra l’artista Cagliaritano che non ha studiato e quello che da Cagliari ha studiato e si è formato altrove, e per fare l’artista può non servire un’Accademia, ma certamente non è fondamentale studiare Ingegneria o Scienze Politiche. Quali artisti residenti a Cagliari, hanno realmente una visione del futuro? Gli artisti a Cagliari non hanno creato Whatsapp, smartphone e social network, ma li useranno senza resistenze e senza la percezione che siano “innaturali”, saranno funzionali sempre e comunque a vecchie élite in corsa per i loro guadagni e profitti. Non serve affrontare questo con studi e lavori artistici di ieri, serve essere desiderosi di praticare e studiare i linguaggi dell’arte e il loro senso oggi. Cagliari in questo momento non ha bisogno del colto artista che rientra dopo avere studiato in un’Accademia dell’altrove, ma neanche del barbaro che pensa d’essere creativo semplicemente usando uno smartphone, entrambi non hanno il desiderio di conoscere di più di quanto sappiano, A Cagliari servono artisti che bramino desiderio e non si accontentino di questa Cagliari, servono artisti che vogliono conoscersi e indagare per conoscere e indagare, servono artisti che non sentano la loro ignoranza e il loro provincialismo come un limite, servono artisti in formazione affamati di narrazione, servono artisti che non vedano l’ora finalmente di fare girare pagina a Cagliari.

Non ha più senso che Cagliari si autocondanni a fare emigrare artisti in formazione, che quando tornano pensano soltanto a difendere il loro status acquisito altrove e che in maniera schizzinosa elevano le mura del proprio feudo; quello che è importante è che Cagliari riempia lo spazio del suo futuro con un’Accademia di Belle Arti. Cagliari senza un’Accademia di Belle Arti, vuole dire una Cagliari barbara, che pensa che tutto sia immediato e a portata di mano, che non distingue tra prodotto e processo. Linguaggio dell’arte oggi vuole dire dialettica e didattica, vuole dire collaborazione, narrazione e ascolto degli altri, desiderio di imparare ciò che non si sa di altre culture e altri linguaggi per confrontarsi nel territorio del presente. I linguaggi dell’arte a Cagliari, dovrebbero essere patrimonio di tutti, che anche se liquido e gassoso, sappia essere come tale indistruttibile. Servono artisti formati per non fermarsi mai, anche davanti a compiti troppo impegnativi e alla propria imperfezione nello svolgerli e affrontarli.

Il vecchio è in questo millennio stantio ovunque, solo quello che è autentico si salverà dinanzi al futuro dell’arte, Cagliari si salva se comincia a raccontare nuovamente la propria memoria, ma per fare questo servono artisti che a Cagliari si innamorino dei processi artistici che diventano progetti di vita, che possano viversi il loro amore e la loro passione per l’arte, che riescano a raccontarla raccontandosi, soltanto così Cagliari si stimola e non si tranquillizza, soltanto a Cagliari si sarà umani e l’umanità non sarà un diversivo acquista voti. L’Accademia a Cagliari non serve a distrarre il Cagliaritano da ciò che è, serva a fargli conoscere e comprendere ciò che è e che sarà in questo millennio!

L’opinione di Mimmo Domenico Di Caterino