Fuori dai teatri Pippo Delbono lo teneva sempre per mano, gli parlava a gesti se lo abbracciava, lo proteggeva. Erano un po’ sempre insieme il regista alto e grosso e quell’attore fuori dagli schemi, piccolo piccolo, l’andatura a balzelloni, i capelli grigi e lo sguardo gentile di un bambino. E ora che Bobò se n’è andato, portato via ieri a 82 anni da una polmonite, chissà come saranno i prossimi lavori del grande regista ligure, chissà che vuoto che avrà lasciato questo attore naturale, una sapienza teatrale innata negli occhi e nei gesti, raffinato e drammatico insieme tanto da far innamorare le platee di mezzo mondo, presenza costante negli spettacoli di DelBono da “Barboni” del 1997 fino al più recente, “La Gioia” del 2018.

Una coppia che sembrava inscindibile, Bobò e Pippo, Pippo e Bobò, almeno dalla metà degli anni Novanta, quando il regista aveva conosciuto quell’omino senza parole nelle stanze lugubri del manicomio di Aversa e se l’era portato via, non senza le polemiche di chi lo accusava di fare spettacolo speculando su malattia e disagio mentale. “Lì ho capito che stavo facendo qualcosa di rivoluzionario”, spiegherà poi il regista ligure che da allora ha allargato la sua compagnia ad una serie di attori presi dalla strada, l’ex barbone Nelson, il poliomelitico Armando, il down Gianluca, attori particolari che nei suoi spettacoli lavorano fianco a fianco con i professionisti.

“Io ci sono arrivato in un momento particolare della mia vita – ha ripetuto tante volte Delbono- ma tanti non si rendono conto che ci può essere una grande bellezza in persone che la società ha etichettato come matti, down, barboni”. Su tutti il legame con Bobò era il più particolare. Nato nel 1936 con un problema di microcefalia, sordomuto, Vincenzo Cannavacciuolo, come si chiamava in realtà, era rinchiuso in manicomio da quando aveva 16 anni. Dopo aver vinto la difficile battaglia per tirarlo fuori da quel lager per matti, Delbono se l’era portato a casa.

“Vive con me, lavora con me, ha girato tutto il mondo con noi, a lui è cambiata completamente la vita e anche a me, anche a noi”. In lui Delbono raccontava di aver riconosciuto la forza del gesto, “un maestro”. E a lui, al suo sguardo innocente così pieno di poesia aveva affidato anche la parte principale in Guerra, un filmato girato tra Israele e palestina. Come tante altre parti, tanto che da quando è entrato in compagnia nel ’95, Bobò ha recitato in 12 spettacoli ed è stato presente in tre opere liriche con la regia di Pippo. Portando un po’ di verità in più con la sua grazia e quel modo così spontaneo e particolare di vivere la finzione. Dopo anni così intensi l’ultimo applauso è arrivato oggi pomeriggio nella chiesa di Santissima Maria Annunziata di San Cipriano D’Aversa. Di nuovo lì, da dove tutto era partito.