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Sono diventati virali i video girati dai pastori nelle loro aziende mentre rovesciano a terra il latte appena multo per protestare contro il prezzo del latte. Ieri il ‘fermo’ in campagna imposto ad un autista di un’autobotte che aveva appena raccolto il latte dalle aziende agricole della zona di Gonnosfanadiga, San Gavino e Villacidro, da parte di due persone armate di spranghe e mascherate, che lo hanno costretto ad aprire i rubinetti della cisterna e a gettare il latte nei campi, sono state messe in atto anche altre due proteste, nelle campagne di Sant’Andrea Frius. Sugli episodi si stanno indagando i Carabinieri e la Polizia.

Si scalda dunque la situazione del comparto lattiero caseario sardo ad un giorno dalla convocazione del tavolo ristretto regionale, per Coldiretti ultimativo. Gli avvenimenti di ieri rappresentano per l’Associazione agricola il reale termometro delle campagne che “da mesi stiamo tentando di trasmettere alla Regione ed al mondo della trasformazione”.

In merito interviene Coldiretti Sardegna definendo la situazione “insostenibile e rappresenta comunque un elemento di cartello. Il prezzo del latte rimane ancorato al Pecorino romano nonostante diversi caseifici non ne producano o ne producano poche quantità. L’iperproduzione del 2018, si basa su una scelta della ‘trasformazione’ (le industrie casearie, ndr) di lavorare Pecorino romano, non rispettando le quote produttive assegnate, e non si può scaricare completamente sul prezzo del latte alla stalla. Di questo non sono responsabili i pastori che non hanno prodotto un litro di latte in più, ma la ‘trasformazione’ che ha deciso di produrre più Pecorino romano rispetto ad altri formaggi dell’anno precedente”.

“Chiediamo a tutta la trasformazione per l’incontro di oggi uno sforzo di coscienza sociale nel capire, che non si possono salvare solo i propri bilanci ma che è necessario poter fare sopravvivere anche i pastori – sostiene il presidente di Coldiretti Sardegna Battista Cualbu -. Serve un segnale di unità per ci osserva e viene in Sardegna a speculare sulla nostre divisioni e lo si deve dare con un prezzo di acconto dignitoso per i pastori. Ad oggi non si è mossi di un centesimo dai 60 centesimi proposti nel mese di ottobre e di questo ne registriamo le prime conseguenze. Quando non si ha una visione di filiera e di condivisione della crisi ma si scarica tutto sulla parte più debole, le reazioni sono quelle che stiamo vivendo in questa giornata. Domani è l’ultima chiamata siamo ancora in tempo per avere un segnale di unità”.

Coldiretti si appella a tutti i presidenti delle coop di trasformazione, “pastori come loro, affinché, padroni del 60 per cento del latte, si impegnino con coraggio e responsabilità, a guardare oltre al bilancio delle cooperative” e chiede per almeno tre mesi di poter mettere un prezzo di acconto più alto per i propri soci. Allo stesso tempo Coldiretti fa appello al “mondo industriale, per differenziare i pagamenti e non avere un unico cartello su aziende che lavorano altri prodotti diversi dal Pecorino romano. Inoltre chiediamo loro, per un anno, che gli utili che variano tra il 4 ed il 6 per cento possano essere redistribuiti tra i conferitori che oggi sono alla fame”.

“Se troveremo un ambiente collaborativo anche Coldiretti lo sarà – dichiara il direttore Luca Saba – altrimenti la nostra piattaforma rivendicativa nei confronti di chi non vuole il bene del comparto è pronta, e verrà, nel caso presentata a breve. Questa volta sarà una lotta dura, fatta come sempre nel rispetto delle leggi, ma anche utilizzando ciò che le leggi indicano a difesa dei cittadini, in questo caso produttori di latte”.