Il Consorzio di Tutela del Pecorino Sardo giovedì 21 febbraio non parteciperà a Roma al tavolo di filiera sul prezzo del latte ovino per “il perdurare – spiega – dello stato di agitazione che ancora oggi attraversa la Sardegna”.

La decisione  del Cosorzio arriva  dopo la richiesta dei pastori – votata all’unanimità all’interno della bozza di intesa con le loro controproposte – di eliminare i Cda di tutti i Consorzi di tutela (si già dimesso il presidente del Consorzio del Pecorino romano).

Non una chiusura totale, però. “Confermiamo la nostra disponibilità a sederci a tutti i tavoli che verranno purché – avvertono i vertici del Consorzio del Pecorino sardo – si ristabiliscano le condizioni del dialogo e si ragioni con serenità di strategie di filiera e non solo dei problemi contingenti strettamente legati alla remunerazione della materia prima, in cui come Consorzio di tutela, come ben noto a tutti, non abbiamo né possiamo avere alcun ruolo”.

Secondo il Consorzio si rischia , di non dare risposte a lungo termine: “Siamo convinti che le ingenti risorse destinate allo smaltimento delle giacenze del Pecorino Romano se da un lato porteranno nell’immediato a risultati concreti per questo formaggio, non porteranno certo a risultati duraturi in futuro né a quella né alle altre Dop che rischiano concretamente di essere messe fuori mercato, con le sole misure messe in campo a tutt’oggi. E se c’è un fine al quale tutti puntiamo è proprio questo – spiega  il Consorzio – produrre risultati duraturi. Non esistono soluzioni strutturali e definitive senza l’avvio immediato di una diversificazione delle produzioni che punti dritta sulle Dop diverse dal Romano, che hanno un forte valore identitario ma che da sole non hanno la forza di emergere: il Pecorino sardo in primis. Il ruolo delle istituzioni regionali e nazionali è fondamentale, perché è fondamentale una cabina di regia super partes che accompagni il processo di diversificazione e sostenga il mercato con azioni mirate di comunicazione e marketing”.

“E’ solo grazie al nostro Consorzio – conclude – che il Pecorino romano Dop ha un’identità riconoscibile, ha visibilità, regole di produzione certe e soprattutto un sistema efficace di salvaguardia, controllo, riconoscimento e rintracciabilità. Non basta che il latte di pecora sia sardo al 100%. E non basta che il formaggio venga prodotto e stagionato in Sardegna perché possa fregiarsi della Denominazione di origine Pecorino sardo, ci vuole molto molto di più. E quel di più esiste grazie al Consorzio di Tutela, che oggi ancora più di ieri ha bisogno della guida sicura e ferma dei suoi vertici”.