Nella crisi dei pastori sardi, in ginocchio per i prezzi irrisori pagati loro per il latte ovino, “servono provvedimenti economici subito. In terra sarda c’e’ rivolta, non risponde piu’ nessuno e noi per primi non chiamiamo nessuno indietro”. Felice Floris, presidente dell’Associazione pastori sardi (Aspi), lo dice in audizione alla commisisone Agricoltura della Camera. “Solo la politica puo’ fare qualcosa e lo deve fare subito”, aggiunge Floris, “una volta per tutte la pastorizia in Sardegna deve avere il suo ruolo”.

“Quando diciamo che la Sardegna non ha altro futuro che la pastorizia lo diciamo con convinzione”, prosegue Felice Floris, presidente dell’Associazione pastori sardi (Aspi). La pastorizia e’ “una grande industria verde nel cuore dell’Europa”, prosegue, “un’Europa obesa, ma anche questa societa’ arcaica ha diritto di esistere, e anche i cittadini europei e del mondo lo vogliono, lo vediamo dalla solidarieta’ che riceviamo”. I pastori “non sono mai riusciti ad avere un ruolo importante nella formazione del prezzo del latte e nella gestione delle eccedenze”, lamenta il presidente Aspi, “non c’e’ una politica attenta”. Cio’ detto, “la qualita’ non e’ solo grasso e proteine ma e’ quell’ambiente che abbiamo modellato in secoli e secoli- rivendica Floris- quello e’ il nostro brand. Non siamo allevatori di latte vaccino, che devono ogni giorno mettere cibo nelle stalle, e lo diciamo con rispetto, noi abbiamo la possibilità di usare il pascolo che da’ valore aggiunto”.

Le organizzazioni di produttori “sono solo un paio”, oggi. “Dal 2010 abbiamo dato vita a tre strutture che potevano diventare cooperative, ma sono state fatte fallire perchè non hanno la possibilita’ di gestire la produzione del latte e crollano”. La responsabilità sarebbe dei trasformatori e dei produttori caseari, denuncia: “in Sardegna per la nostra debolezza i trasformatori si sono impossessati del mercato”. Felice Floris, presidente dell’Associazione pastori sardi (Aspi), lo dice in audizione alla commissione Agricoltura della Camera. “Non si puo’ dare la possibilita’ a un trasformatore di ritirare il latte e eventuali eccedenze, che poi riversano sul mercato per danneggiare altri”, denuncia Floris, i produttori “utilizzano la massa di latte per svenderla”. Si tratta di “meccanismi scorretti, perche’ l’industria ritira 40 milioni di litri di latte e poi anche se uno lo regala in tal modo valorizza il resto dei 39 mln di litri, e noi non abbiamo potere”. Si deve quindi “ripristinare il meccanismo di compensazione dei ritiri, altra soluzione non c’e'”, avverte il presidente Aspi, “i caseifici gestiscono una cosa che non e’ loro, il latte. Il latte e’ nostro, non loro”.

Spesso si accusano i pastori sardi di non fare massa’, aggregandosi tra loro. “Il 60% del latte sardo e’ aggregato”, ribatte Felice Floris, presidente dell’Associazione pastori sardi (Aspi), “dopo le rivolte del 2010 abbiamo creato quattro gruppi organizati che dovebano diventare organizzazioni produttive”. Pero’ “li hanno distrutti, visto che il latte lo vendono i trasformatori e le cooperative organizzate”. Ad esempio “anche in Grecia noi facevamo il prezzo e poi arrivavano loro e ci mettevano fuori mercato” con livelli cosi’ bassi da essere insostenibili. Queste esperienze sono state “tutte distrutte- avverte Floris- siamo rimasti solo noi che abbiamo 30 anni di esperienza, ma stiamo ballando, e ora chiediamo soldi in banca per andare avanti, mettendo a richio il futuro dei nostri figli”. Per limittare i danni, “all’interno delle Dop devono esserci i pastori”, conclude il presidente Aspei, “abbiamo chiesto ala consorzio di modificare il disciplinare e si sta provvedendo in quella direzione”.

 

Fonte: Dire.it/Sardegna