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“Il voto in Sardegna offre uno spunto di riflessione sul nuovo percorso della società di oggi, laddove la nuova politica prova a radiare dal nostro vocabolario due parole: coerenza e memoria. Premetto di non avere nulla contro Christian Solinas, che non conosco. L’augurio è solo uno: che possa governare bene la nostra Regione per il bene della Sardegna e dei sardi. E’ del resto l’augurio che ho fatto a Massimo Zedda e che farei a chiunque diventasse governatore di qualsiasi cosa: che sia l’amministrazione pubblica, una nave o una cucina. Ho però la bocca amara”.  Inizia così il pensiero di di Paolo Fresu, musicista di Berchidda sull’esito delle recenti elezioni regionali in Sardegna.

“Per un’isola che si – continua Fresu- arrende al pensiero salviniano, che è contro Mahmood (madre di Orosei e padre egiziano), contro l’immigrazione (la Sardegna è ponte tra Africa e Europa), contro la diversità geografica (noi siamo isolani), contro quella antropologica (abbiamo il bronzetto itifallico che rappresenta lo strumento polifonico più antico del Mediterraneo: le launeddas), e invece a favore dell’omofobia. La coerenza sembrerebbe esserci visto che, storicamente, ci siamo sempre venduti a tutti e abbiamo venduto le nostre terre e le nostre spiagge”.

“Questa però diventa incongruità – aggiunge – se, arrendendoci a Salvini e al suo pensiero, continuiamo a mostrarci come gente ospitale e aperta e se nella nostra bandiera capeggiano i quattro Mori venuti dall’Africa in un tempo remoto. Ma è soprattutto la memoria a mancare. Quella del non ricordare chi siamo e dello scordare troppo in fretta ciò che è stato detto su di noi quando la Sardegna era il luogo nemico e (allora) disinteressato, in quanto lontano dalla Padania”.

“La memoria – conclude Paolo Fresu- mi porta ai primi anni ‘80, quando lessi in un bar della Costa Smeralda il cartello: “vietato l’ingresso ai sardi”. Non lo dimentico, e tutt’oggi quella frase è stampata nella mia libreria fotografica interiore. Di certo era il gesto e il pensiero di chi non voleva bene alla mia isola, ma quelle parole mi riportano a modalità e toni che oggi sono di moda, e che reputo pericolosi. Abbiamo dimenticato troppo in fretta gli errori e gli orrori del passato. In Sardegna, in Italia e in un mondo dove gli orrori sono purtroppo quotidianità. Ciò è avvenuto per un bisogno di ricostruzione, che deve avvenire attraverso le coscienze ancorché prima che la politica. Anche quella di un voto che porta oggi la Sardegna in un luogo oscuro, nel quale fatico a riconoscermi. Auguri a Christian Solinas e auguri ai tanti sardi che sembrano incoerentemente dimenticare”.

Paolo Fresu