Nuova pronuncia della Corte costituzionale a favore della Regione Sardegna in un contenzioso con il Governo. Questa volta la Consulta dà ragione all’Isola sulle riserve erariali. Nella sentenza pubblicata oggi, i giudici scrivono che lo Stato, come stabilito dalle norme di attuazione diventate legge nel 2016, non può imporle alla Sardegna se non in casi eccezionali. Tutto nasce dai due decreti del 2016 e del 2017 firmati dall’allora ministro dell’Economia Padoan, in cui vennero fissate quote di riserve maturate nel 2012 e 2013 con la sovrattassa pagata sui veicoli particolarmente inquinanti.

Da qui l’impugnazione da parte della Regione. L’importo si aggira sui 3 milioni all’anno, quindi per il biennio in questione si parla di 6 milioni in più nelle casse della Sardegna. “È una sentenza che dà ancora una volta ragione su tutta la linea alla Sardegna – commenta l’assessore uscente della Programmazione Raffaele Paci – e conferma la corretta impostazione del nostro lavoro, in particolare per quanto riguarda la scrittura delle norme di attuazione. E questo ci rafforza anche su tutti gli altri fronti aperti con il Governo”.

Nel 2016 le norme di attuazione chiusero la vertenza entrate iniziata nel 2006 con l’accordo Soru-Prodi che modificava l’articolo 8 dello Statuto riconoscendo alla Sardegna nuove e maggiori entrate tributarie. Ma da quella intesa restarono fuori alcune voci: Ires, giochi, riserve matematiche e redditi di capitale. Successivamente, grazie alla legge sulle norme di attuazione, queste voci vennero riconosciute. Ma Padoan non ne tenne conto. Da qui l’impugnazione dei suoi decreti fino alla sentenza pronunciata oggi.