Giuseppe, sei in scadenza. E Giuseppe, titolare di assegno di ricerca, camice da laboratorio e maschera bianca, cade per terra. Simulando la fine della sua attività lavorativa. E, simbolicamente, la morte della ricerca. È la sceneggiatura del flash mob messo in scena in tutta Italia da chi, dopo anni di esperienze e attività, attende una stabilizzazione. Una protesta che in Sardegna questa mattina ha scelto come teatro Sassari, a Li Punti, e Cagliari, all’istituto di ricerca genetica e biomedica, all’interno della cittadella universitaria di Monserrato.

Il quadro è questo: i ricercatori del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche) nell’isola sono circa duecento. Ma per cinquanta di loro – ha spiegato all’ANSA Claudia Caddeo, titolare di assegno di ricerca – le cose non sono state facilissime: 25 circa sono stati stabilizzati. E questo è un buon risultato. Ma gli altri aspettano e vivono in bilico. Perché per qualcuno il contratto è scaduto, per altri il contratto è in scadenza.

“La legge Madia prevede la fine del precariato – spiega Caddeo – per chi ha lavorato per almeno tre anni con il contratto a tempo. E noi rientriamo in questa situazione. Sappiamo che ci sono anche i fondi”. E allora perché – si chiedono i precari – non si procede con le stabilizzazioni? “I progetti nella ricerca spesso – prosegue la assegnista – sono lunghi e non sono compatibili con le interruzioni. Per questo parliamo in generale di morte alla ricerca. E bisogna anche considerare anche le situazioni personali: quando il contratto scade, il ricercatore cosa può fare?”.