In un anno export a +62% con 47mln di merci vendute.

Brexit o non Brexit? Questo è il problema per le imprese sarde che vendono i prodotti oltremanica e che, nel primo semestre del 2018, hanno piazzato sul suolo inglese quasi 47 milioni di euro di merci, quota cresciuta, tra il 2017 e il 2018, del 62%.
“Seguiamo costantemente ciò che succede a Westminster ma più passa il tempo, più l’incertezza per chi esporta dalla nostra Isola verso il Regno Unito diventa palpabile – afferma Stefano Mameli, Segretario Regionale di Confartigianato Imprese Sardegna – ci auguriamo che si arrivi a una soluzione che non danneggi le aziende che in UK hanno trovato un mercato importante e florido”.

I dati elaborati dall’Osservatorio di Confartigianato Sardegna sull’export delle Mpi isolane nel Regno Unito relativi al 2018, su fonte Istat, dicono che questo risulta essere il 9° mercato di destinazione delle esportazioni manifatturiere della Sardegna. Nei primi 6 mesi del 2018, lo scambio commerciale tra il territorio sardo e lo Uk valeva 46,785 milioni di euro di export. Quanto ai settori, i prodotti maggiormente esportati sono stati gli alimentari, seguiti dai prodotti in legno e metallo, pelletteria, abbigliamento e tessile, mobili e ceramiche. A livello provinciale, in testa l’area del Sud Sardegna con 25,530 milioni di euro, seguita da Cagliari con 18,750, Sassari con 1,436, Oristano con 880mila euro e Nuoro con 189mila euro.

Secondo le segnalazioni raccolte da Confartigianato Sardegna, le principali preoccupazioni degli imprenditori sardi sono due: l’eventuale applicazione di Iva e dazi, e l’aumento della burocrazia. Nel primo caso, l’applicazione dell’Iva alle merci esportate e l’eventuale introduzione di dazi, comporterebbe un maggiore costo finale per l’acquirente inglese che, visto l’aumento di prezzo, potrebbe anche rinunciare a quel bene. Problema che, secondo le imprese, non dovrebbe porsi per i prodotti sardi, essendo fortemente tipicizzati, regionalizzati, molto richiesti e, una buona parte dei quali, non sostituibili da prodotti locali inglesi tantomeno da beni che potrebbero arrivare da altre nazioni.

Nel secondo caso, il timore più grande, anche prima dell’aumento delle tasse, è quello di un “fiorire” di norme, leggi, direttive, circolari esplicative che andrebbero a ingrossare il carico burocratico che già grava sulle attività produttive italiane. E, come si sa, l’incertezza non favorisce le aziende e le “non decisioni” danneggiano le attività imprenditoriali.

“A fronte di questo, l’auspicio è che fino all’ultimo istante siano posti in campo tutti gli sforzi possibili per trovare un accordo che consenta una uscita ‘ordinata’ o comunque concordata – aggiunge Mameli –. Lo scenario internazionale è in questo periodo così complesso che una ulteriore complicazione, proprio sull’uscio di casa, sarebbe deleteria per gli operatori economici, anche dal punto di vista psicologico”. L’invito che Confartigianato Sardegna rivolge agli imprenditori sardi è quello di essere, in ogni caso, preparati al fatto che il Regno Unito possa diventare, a tutti gli effetti, un Paese terzo.

“Il timore più grande è quello di tornare indietro di decenni – sottolinea Mameli – passando da una situazione di libera circolazione di merci e lavoratori ad una frattura profonda, fatta di chiusura dei mercati e ripristino di dazi e tariffe, sia da una parte che dall’altra. Come Associazione Imprenditoriale – conclude Mameli – siamo fiduciosi che l’Italia e l’Europa saranno in grado di trovare le modalità necessarie per gestire e minimizzare le ricadute di quanto si potrà verificare”