“Siamo alle solite. Uno crede d’essere un artista e sente di doversi esprimere. Ecco il risultato, uno scempio. Ora è la volta delle rocce di Cala Liberotto, sulla costa di Orosei”. La denuncia arriva da Stefano Deliperi, portavoce del Gruppo d’Intervento Giuridico, dopo le reazioni a catena sui social alla notizia dell’ennesimo attacco vandalico al patrimonio ambientale della Sardegna. Sulle rocce di una delle spiagge più belle della costa nuorese sono comparsi tratti di vernice rossa, nelle intenzioni degli autori la loro ‘firma’. Non è la prima volta, e non solo in Sardegna, ricorda l’associazione ambientalista.

“Dai semplici muri alle chiese appena restaurate, dalle torri costiere al Colosseo, i cafoni diventano delinquenti – spiega Deliperi – Non è street art, non si tratta di dar lustro a muri degradati, è vandalismo. Non siete Banksy, siete cafoni e delinquenti. Sarebbe ora che queste zucche vuote capissero qualcosa o, in alternativa, subissero le conseguenze del loro sottovuoto cranico”.

Secondo il Grig, “in un solo gesto, se il cafone agisce su monumenti o in zona tutelata con vincolo paesaggistico (coste, centri storici, ecc.), compie almeno un paio di reati: danneggiamento (art. 635 codice penale), degrado di beni tutelati con vincolo ambientale/paesaggistico (art. 181 del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.). E se il bene è tutelato con vincolo culturale, compie un ulteriore reato: art. 169 del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.”.