Il governo brasiliano di Jair Bolsonaro sta smantellando le difese contro la deforestazione e sta riducendo i diritti delle popolazioni indigene. L’Unione europea, quando acquista beni da questo paese, deve pretendere che siano prodotti rispettando l’ambiente e i nativi. E’ il senso di una lettera aperta all’Ue di 602 scienziati europei e 2 organizzazioni indigene brasiliane, pubblicata sulla rivista Science.

“Lavorando per lo smantellamento delle politiche anti-deforestazione – si legge nel documento, la nuova amministrazione del Brasile minaccia i diritti degli indigeni e le aree naturali che questi proteggono”. I firmatari della lettera fanno notare che “l’Ue ha speso più di 3 miliardi di euro in importazioni di ferro dal Brasile, nonostante standard di sicurezza pericolosi e una estesa deforestazione provocata dall’attività mineraria”. Inoltre “solo nel 2011 la Ue ha importato carne e mangimi legati alla deforestazione di più di 1.000 km quadrati”.

L’Unione, secondo partner commerciale del Brasile, sta trattando con questo un accordo commerciale, nell’ambito del negoziato con i paesi del Mercosur, il blocco economico dell’America Latina. Scienziati e ong chiedono che l’Ue ponga tre condizioni per la firma dell’accordo: il sostegno del Brasile alla dichiarazione dell’Onu sui diritti dei popoli indigeni, l’accertamento che i prodotti non siano legati a deforestazione e conflitti coi nativi, la definizione di stretti criteri sociali e ambientali per la produzione, d’intesa con le comunità locali.

Il 13% del territorio brasiliano è classificato come territorio indigeno, fortemente tutelato. Bolsonaro in campagna elettorale aveva promesso di rimuovere le tutele e aprire queste terre allo sfruttamento agricolo e minerario. Appena eletto, ha spostato la gestione dei territori indigeni dall’agenzia statale per i popoli nativi, il Funai, al Ministero dell’Agricoltura, influenzato dalla lobby agricola.

Già prima dell’elezione di Bolsonaro, il Brasile guidava la classifica mondiale della deforestazione. Secondo il rapporto annuale di Global Forest Watch, un think tank basato all’Università del Maryland, un quarto della perdita di foresta tropicale al mondo nel 2018 si è avuto in Brasile, e un terzo della perdita di foresta vergine. Al secondo posto in queste due classifiche c’è la Repubblica Democratica del Congo, al terzo l’Indonesia.