Il rumore dei caschi sbattuti sull’asfalto a scandire le ore che passano. Così gli oltre 100 lavoratori che sono arrivati oggi a Roma per l’incontro al Mise hanno atteso notizie. E dopo oltre tre ore e mezza la risposta è solo una: “Aspettare”. “Allora noi da qui non andiamo via” conclude il segretario regionale Cgil Roberto Forresu. Oltre tre ore di tensione, silenzi, malumori, ma anche sorrisi e speranze.

Quella speranza che è quasi un’illusione, e che ancora dà la forza per essere qui, come ad ogni altro incontro. E adesso di continuare a restare. “Questo governo ci impone delle attese estenuanti, che per noi sono inaccettabili” continua Forresu. Il prossimo incontro è previsto per il 24 giugno, ma gli ex lavoratori non sono disposti ad aspettare ancora tanto. “ è proprio il come sempre il problema” a urlare è Fabrizio, in cassa integrazione del 2009, che non vuole tornare a casa senza una risposta concreta. “Devono venire qui in mezzo a noi a dirci le cose come stanno, siamo stanchi delle prese in giro”. “Chiediamo solo di lavorare” dice Luciano, 57 anni, ex dipendente alcoa. “Ormai alla mia età non mi assumono da nessun altra parte. Ho una famiglia che mi aspetta, non è giusto”. Luciano ha due figli e una moglie che lo aspettano a Domusnovas: è dallo scorso dicembre che non ricevono ammortizzatori sociali.

E Luciano non è l’unico: sono circa 400 gli ex lavoratori che da quasi cinque mesi sono senza entrate. “Il decreto per sbloccare gli ammortizzatori sociali è stato firmato da Di Maio il 29 aprile e adesso è in esame alla Corte dei Conti” riferiscono i delegati sindacali al termine dell’incontro. La Corte ha a disposizione massimo un mese per poter esprimere un parere, questo significa che la situazione potrebbe sbloccarsi anche prima. “È umiliante” dice Fernando, ex lavoratore alcoa, 59 anni con 38 di contributi alle spalle. “Quello che molti dicono è che stiamo rubando soldi, ma quello che noi vogliamo è solo lavorare. Lasciateci lavorare”.

Perché nel Sulcis il polo di portovesme rappresenta al momento l’unica soluzione, l’unica alternativa possibile. “Non vediamo altre possibilità, se non riprende la produzione con la Sider Alloys siamo senza speranza” racconta Amedeo, dal 2012 in cassa integrazione. Una possibilità non solo per padri di famiglia che trovano difficile, se non impossibile, essere assunti, ma anche per i giovani che non vogliono lasciare il territorio. Come Alessandro, che a trent’anni non si arrende alla sorte che ha toccato altri suoi coetanei: “So che è difficile, mi do da fare con quello che posso e per questo sono qui oggi”. Ma a chi sostiene che le fabbriche non possono essere la soluzione al territorio? “Dateci delle alternative” continua Luciano “non siamo sposati alla Sider Alloys o all’alcoa o a chi altro, noi vogliamo solo lavorare”.

E purtroppo la soluzione turistica non è appoggiata neanche dai più giovani: “nel nostro territorio non è fattibile vivere di turismo” racconta Amedeo “non c’è la mentalità e non ci sono le strutture adatte”. E adesso? Adesso si aspetta, ancora una volta, una risposta concreta dal governo senza spostarsi di un passo.

di Eleonora Savona