Al via da oggi, con la manifestazione di circa 200 persone tra sindacati e lavoratori del Sulcis davanti alla centrale Enel di Portovesme, la mobilitazione del comparto industriale ed elettrico della Sardegna contro la chiusura delle centrali a carbone senza transizione a causa dell’assenza del metano nell’Isola. Il piano di metanizzazione deve, infatti, ancora essere avviato anche se Snam e Sgi, con la nascita della joint venture Enura, sono pronte a partire. Il problema riguarda i tempi: il Governo ha fissato il termine per lo stop al carbone al 2025, ma senza un’alternativa nel Sulcis c’è il rischio di vanificare i progetti di riavvio delle principali realtà industriali italiane della filiera dell’alluminio, la raffineria di Bauxite dell’Eurallumina e lo stabilimento primario dell’ex Alcoa, oggi in mano alla multinazionale svizzera Sider Alloys.

In effetti una prima apertura già ci sarebbe, con la possibilità, circolata al Mise, di far slittare il termine ultimo per la decarbonizzazione al 2029, ma anche tale data non sarebbe sufficiente a dare prospettiva agli investimenti già programmati. L’altra strada sarebbe quella deroga, che potrebbe arrivare solo dopo un confronto tra istituzioni regionali e nazionale. Così i sindacati attendono proprio una convocazione da parte del governatore Christian Solinas e dell’assessora dell’Industria, Anita Pili, appena nominata. Nel frattempo la mobilitazione è partita e le prossime azioni di lotta saranno definite in un’assemblea dei quadri e dirigenti di Cgil, Cisl e Uil che si terrà il 28 maggio al Consorzio industriale di Portovesme.

“Abbiamo avviato una fase di mobilitazione per la difesa della centrale Grazia Deledda di Portovesme a servizio del polo industriale per ribadire che c’è la necessità di aprire un confronto con la Regione e con il Mise – spiega all’ANSA Francesco Garau della Filctem Cgil – riteniamo che la Sardegna debba avere un tavolo a parte rispetto alle altre regioni, perché manca l’infrastruttura del gas naturale”. Per Giorgio Calaresu, “bisogna tener conto della specificità e delle attività del territorio come Sider Alloys ed Eurallumina che sono ad un passo dal traguardo. Decretare lo stop al carbone al 2025 significherebbe tagliare da subito le gambe ai progetti di riavvio. Questo è un rischio che non possiamo permetterci di correre. Non siamo contro la chiusura delle centrali a carbone, ma per una transizione energetica intelligente che tenga conto delle specificità e che non venga fatta sulla pelle dei lavoratori”. “Questa è la vertenza delle vertenze e non riguarda solo il territorio del Sulcis. Questo indirizzo sciagurato dato dal decreto governativo lascia morti per strada, cioè i lavoratori- osserva Antonello Pirotto della Rsu di Eurallumina – Siamo d’accordo che si esca dal regime dei combustibili fossili ma non possiamo essere gli unici ad essere sacrificati: in testa a questa battaglia ci devono essere le istituzioni a partire dal presidente della Regione Sardegna Christian Solinas”.

“Bisogna contemporaneamente salvaguardare l’ambiente e i posti di lavoro, perché la chiusura della centrale elettrica di Portoscuso senza alternative all’approvvigionamento energetico avrebbe conseguenze per l’intero territorio”. Lo dice all’ANSA il delegato Fiom Bruno Usai, che questa mattina ha parlato all’assemblea davanti ai cancelli della Centrale Grazia Deledda. “Lo stesso possibile riavvio della Sider Alloys sarebbe messo a rischio perché gli imprenditori non possono operare nell’incertezza politica e di programmazione. Ecco allora che se vogliamo raggiungere l’obiettivo dobbiamo porre come prioritaria l’unitarietà delle vertenze, coinvolgendo tutti gli altri settori, anche quelli che non sono direttamente collegati con l’industria ma che vivono perché gli operai stanno sul territorio”. Secondo Usai bisognerebbe “costruire le condizioni per poter rimettere in marcia l’industria: per ora non ci sono altri progetti alternativi”.