Cagliari appare nel 2019 ancora incapace di leggere la relazione tra un’Accademia di Belle Arti inserita nel proprio tessuto culturale connettivo e la pubblicità per il proprio territorio derivante da tale intervento.
L’intero sistema sociale contemporaneo, e tutti i sistemi culturali, sono pensati e strutturati su vasta scala, le relazioni che il sistema dell’arte locale tesse con l’esterno è planetario, non ha mai una dimensione esclusivamente locale, da questa prospettiva un’Accademia di Belle Arti a Cagliari, è da intendersi come media didattico in grado fare pubblicità dialettica al territorio dove opera, strumento di narrazione e informazione.

La didattica dell’arte, senza la società di massa nella quale inserirsi, non avrebbe senso d’esistere in una realtà globalmente interconnessa come quella contemporanea.
I mass media sono nello scenario contemporaneo, uno strumento delle Accademia di Belle Arti, sono loro diffusori di contenuti, amplificatori della pubblicità artistica e culturale di cui l’intero territorio beneficia.
Non a caso, molte delle operazioni artistiche contemporanea, nascono in modalità intercomunicative, pensate per essere amplificate dai media, divenendo oggetto d’altra comunicazione, un fluido interminabile circolo ermeneutico promozionale.

Pensateci, un artista che frequenta o ha frequentato un’Accademia, che vede il suo lavoro recensito in spazi mediatici culturali, che diventa pubblicità locale, merce, arredamento e anche valore culturale comunitario.
Neanche il più integralista cultore della Scultura nuragica, può pensare che oggi l’arte possa essere distante dai mass media, e che la pubblicità sia sicura soltanto in aree limitate e specializzate.
Possibile che a fronte di questo potenziale, da sempre inespresso, Cagliari sembri non comprendere il valore e l’universo umanistico che c’è nel pensare e realizzare arte?
Che si rappresenti un triste contesto sociale e culturale dove le parole e le figure sembrano muoversi su traiettorie rigide e distinte?
Cagliari sembra frequentare eternamente una pessima scuola primaria, dove si ritiene che per leggere e scrivere sia necessario studiare e impegnarsi, e che il disegno sia un’attività ricreativa.

Possibile che si pensi ancora all’arte non come alta comunicazione dell’umano, ma come sola espressione del sé?
Relegare il disegno a dominio del talento è da ignoranti che privano i meno predisposto al ragionamento e alla visualizzazione del pensiero.
Pensate se ragionasse in maniera contraria, se non s’insegnasse a leggere e scrivere a chi non manifesta il talento potenziale di Ugo Foscolo.
Non solo la scrittura, tutti i segni dell’umano sono in relazione con il linguaggio, chi quando guarda un quadro astratto non parla forse con la propria mente quando trae considerazioni?

L’opinione di Mimmo Domenico Di Caterino