La foto della cima dell’Everest affollata da oltre 300 scalatori in fila uno dietro l’altro, postata tre giorni fa su Instagram da Nirmal Purja e diventata subito virale, ha scatenato dure polemiche sul rischio che gli alpinisti corrono proprio a causa del ‘traffico’ ad alta quota.

Nell’ultima settimana sono ben sette gli scalatori morti proprio a causa di malori dovuti all’altitudine nel mese più popolare per affrontare il tetto del mondo ma che ha concesso poche giornate di bel tempo.

Il capo dell’ufficio del turismo nepalese Danduraj Ghimire ha definito “senza senso” le voci secondo le quali tra le cause di morte degli scalatori potrebbe esserci il sovraffollamento della cima e i tempi lunghissimi, fino a due ore di coda, per raggiungere la vetta.

Tuttavia secondo gli esperti l’ipotesi non è del tutto infondata. A 8.848 ogni respiro contiene un terzo dell’ossigeno rispetto a quello che si trova al livello del mare.

Il corpo umano, inoltre, si deteriora più rapidamente e può sopravvivere solo pochi minuti.