Sottovalutati, trascurati, talvolta confusi con semplici “capricci” i Dca sono delle vere e proprie patologie psichiatriche. Anoressia nervosa, Bulimia nervosa, Obesità e Binge eating sono i più conosciuti, a cui però vanno aggiunti nuovi disturbi come ad esempio l’Ortoressia (attenzione ossessiva alle regole alimentati) e la Vigoressia (ossessione per la forma fisica). Queste sono infatti patologie che mutano e si adattano “allo spirito dei tempi”, spiega la Dott.ssa Laura Dalla Ragione, psichiatra e psioterapeuta tra le maggiori esperte in Italia. Stando ai dati riportati dal Ministero della Salute, sono più di tre milioni gli italiani a cui è stato diagnosticato un Dca. E la maggior parte sono giovanissimi. La normativa specifica in materia di cura e assistenza di questi disturbi è di competenza delle singole regioni, sulla base delle linee guida nazionali tracciate dal Ministero. Ma se a livello teorico il percorso di cura è delineato in maniera chiara, sul piano pratico curarsi non è poi così semplice. In Sardegna, ad esempio, l’assistenza è tra le più carenti del Paese.

I livelli di assistenza sono stati fissati, dopo un percorso normativo durato anni, da i Quaderni del ministero della Salute n. 17/22 del 2013 e n. 29 del 2017, e sono: ambulatorio, day hospital, ricovero ospedaliero, riabilitazione residenziale. Ogni livello prevede un tipo di intervento specifico, multidisciplinare che coinvolge diverse figure professionali, sulla base della gravità della patologia. Il percorso di cura dovrebbe iniziare dal livello meno invasivo per poi accedere, in caso di mancato miglioramento, a quello più invasivo, senza ovviamente escludere la possibilità di accedere direttamente ai livelli più intensivi nel caso il cui la gravità della patologia lo richieda. Dovrebbero quindi essere garantiti, in ogni regione, tutti i livelli di cura. Ma nella realtà non è proprio così. L’assistenza dei Dca, infatti, si sviluppa sul territorio nazionale a “macchia di leopardo”: alcune regioni sono molto più attrezzate, altre risultano sprovviste delle strutture necessarie. E la Sardegna è una di queste.

Distubialimentarionline.it sito a cui rimanda il Ministero della Salute riporta che nell’isola ci sono due sole strutture ambulatoriali in tutta la regione, una a Cagliari e una a Olbia. A Cagliari è coperta poi l’assistenza Day hosital e il ricovero ospedaliero. Un piccolo passo in avanti è stato fatto quest’ultimo anno con l’apertura dell’unico centro residenziale “Lo specchio” a Iglesias, ad opera dell’associazione Casa Emmaus. “L’idea di aprire il centro è nata dalla necessità concreta delle famiglie di avere una struttura residenziale e semiresidenziale nella propria regione” spiega la direttrice Givanna Grillo “è nata da una necessità economica impellente”. Fino a poco tempo fa infatti i pazienti che necessitavano del ricovero in una struttura di questo tipo, erano costretti ad un trasferimento in un’altra regione: l’impatto economico poteva così risultare insostenibile, specialmente nel caso in cui il trasferimento non era autorizzato dalla regione e quindi totalmente a carico del privato. L’iter di apertura ha richiesto diversi mesi di preparazione, nei quali “siamo stati seguiti dall’equipe della Dott.ssa Dalla Ragione, alcune professioniste del nostro centro sono andate a formarsi proprio a Todi, nel primo centro residenziare aperto e gestito dalla Dott.ssa, e continueremo ad essere seguiti fino ad ottobre” continua la direttrice Grillo. Attualmente il centro ospita due pazienti, per una capienza massima di nove posti letto, di cui quattro sono convenzionati: “La normativa regionale prevede una convenzione solo per il regime semi-residenziale” specifica la direttrice “il resto lo copriamo noi perchè è impensabile per un paziente, che viene ad esempio dal nord Sardegna, coprire la distanza”. E nonostante l’apertura del centro “Lo specchio” sia un vero e importante passo in avanti, risulta ancora insuffiente per coprire l’intero territorio regionale.

Concretamente non è possibile avere una stima accurata dei malati di Dca nella regione, perchè mancando i servizi, viene a mancare anche un’osservazione costante. Tuttavia con i dati a disposizione si stima siano circa 12mila i sardi che soffrono di un disturbo del comportamento alimentare. “Ma probabilmente sono circa il doppio, perchè a questo numero va aggiunto chi non ha ancora ricevuto una diagnosi” commenta la Dott.ssa Giuseppina Carboni, psicologa e psicoterapeuta responsabile del Centro per i disturbi alimentari dell’associazione Il Gesto interiore di Cagliari. Perchè anche arrivare ad una diagnosi e alla corretta individuazione del livello di gravità della malattia può essere un problema. E dove non arriva il pubblico, si mobilita il privato. L’associazione, nata nel 2014, offre un modello di trattamento multidisciplinare integrato di tipo ambulatoriale, e si occupa anche di sensibilizzare al tema e della formazione sui Dca. I corsi organizzati da Il Gesto Interiore sono spesso orientati ai professionisti per fornire strumenti teorici, clinici e funzionali alla conoscenza delle patologie, sopratutto sulle strategie di valutazione diagnostica e di intervento basate sull’approccio multidisciplinare integrato. La carenza di informazione in materia, porta alla difficoltà di arrivare tempestivamente ad una diagnosi, così da agire per tempo. “Il nostro è un centro privato” specifica la Dott.ssa Carboni “ma offriamo anche servizi gratuiti di consulenza, informativi, facciamo tanti interventi di prevenzione, specialmente tra i più giovani e diamo supporto alle famiglie”.

Perchè la patologia non colpisce solamente il singolo, ma si riversa irrimediabilemnte sull’intero nucleo familiare, specialemnte quando a soffrirne è un minore. E proprio alle famiglie si rivolge l’associazione Canne al vento, con sede a Sassari, che oltre ad offrire un supporto nella scelta dell’iter terapeutico con professionisti specializzati, offrono un sostegno concreto nell’aspetto burocratico. “I tempi della sanità sono spesso molto lunghi, quindi avere già un’idea di come muoversi può aiutare tanto, specialmente nel caso in cui la gravità della malattia richiede il ricovero in un centro residenziale” spiega la Dott.ssa Maria Giovanna Masala, presidente dell’associazione. Canne al vento nasce nel 2013 per andare incontro alle difficoltà che una famiglia deve affrontare: “Attorno si crea il vuoto” racconta la Dott.ssa Masala “la famiglia è fondamentale nel percorso di guarigione del malato, ma è altrettanto fodamentale sostenere il nucleo stesso. I genitori, ad esempio, si ritrovano spaesati, il deserto attorno, perché c’è troppa disinformazione sui disturbi alimentari e spesso la tempestività di intervento è determinante per la guarigione”. E oltre alle indicazioni su come agire, su come muoversi sul territorio, “abbiamo dei gruppi di sostegno per genitori. Siamo seguiti da una psicologa che a titolo totalmente gratuito, come volontaria, segue questi gruppi di auto mutuo aiuto”.

E in attesa che la regione si adegui alle linee guida fornite dal Ministero, che garantisca al paziente l’assistena multidisciplinare di cui necessita, l’informazione e la sensibilizzazione ai disturbi del comportamento alimentare restano i principali strumenti per fare prevenzione.

di Eleonora Savona