Lunedì scorso il Governo italiano ha varato la misura della Flat Tax riservata ai pensionati residenti all’estero che intendano stabilirsi nel sud Italia o in Sardegna.
Di cosa si tratta?
I pensionati stranieri – o quelli italiani residenti all’estero da almeno 5 anni – potranno godere di un’aliquota Irpef sostitutiva fissa del 7%, a prescindere dal reddito posseduto. Questa agevolazione durerà cinque anni e prevede che il pensionato stabilisca la sua residenza in un comune con meno di ventimila abitanti e che ci abiti effettivamente per alcuni mesi all’anno.
Il Governo in propaganda permanente dice che questo rilancerà l’economia e il ripopolamento delle zone spopolate, prendendo come esempio – a casaccio – realtà europee ben diverse e con dinamiche molto differenti.
In verità questa misura è innanzitutto ingiusta socialmente: l’agevolazione fiscale è la stessa per tutti indistintamente. Operai e ricchissimi industriali, una volta andati in pensione vengono tutti ugualmente classificati come poveri pensionati da aiutare. E per meglio proteggere e agevolare i ricchi, l’Agenzia delle Entrate specifica che chi aderirà alla misura non dovrà denunciare eventuali immobili acquistati all’estero, prodotti finanziari, conti correnti o libretti di risparmio detenuti in istituti di credito stranieri.
In secondo luogo questa misura è inutile per il ripopolamento delle zone interne. Il vincolo di residenza in paesi con meno di 20mila abitanti agevolerà esclusivamente i centri costieri, in cui i pensionati passeranno i mesi di residenza obbligatoria. Insomma più una sorta di vacanza agevolata che un vero ripopolamento.
Oltretutto ci sono parecchi centri che hanno meno di 20mila abitanti ma sono nella cintura dell’hinterland di grandi città, per cui non si tratterebbe di ripopolamento ma di ulteriore contributo all’inurbamento di massa verso i grandi centri.
In terzo luogo, e forse questo è il più inquietante, non va dimenticato che queste persone una volta presa la residenza in Sardegna usufruiranno come cittadini sardi anche del nostro già farraginoso sistema sanitario. Certo, la salute non si nega a nessuno, ci mancherebbe. Ma bisognerebbe chiedere a un cittadino sardo se è contento di pagare tasse altissime per fornire servizi a un ricco industriale che paga il 7% di tasse.
Inoltre essendo normale che una persona anziana abbia maggiori problemi di salute, con l’aumento della popolazione pensionata, già molto alta in Sardegna, aumenterebbero anche i problemi, dalle file agli sportelli ai costi del servizio sanitario. E il tutto sempre fornito con disuguaglianza di tassazione.
Non va dimenticato che poi questa misura dura per cinque anni, svelando la natura transitoria e inconsistente della misura.
Siamo convinti che nei fatti accertati questo progetto non offra nessuno sviluppo alla Sardegna e non serva nemmeno al ripopolamento delle zone in via di spopolamento, ma rischi di rappresentare soprattutto un problema.

Noi facciamo provocatoriamente una proposta alternativa: la Sard Tax.
Di cosa si tratta?
Se veramente il Governo italiano vuole combattere lo spopolamento attuando politiche di trasferimenti, allora spinga le grandi aziende del nord Italia a trasferire, per i prossimi dieci anni, la loro sede legale e a pagare le loro tasse qui in Sardegna. Un intervento che avrebbe anche il sapore della restituzione simbolica, visto che gran parte dei profitti li hanno fatti grazie al lavoro di tanti emigrati sardi.
Siamo sicuri che le entrate fiscali che ne deriverebbero farebbero molto bene alla nostra economia. E anziché attrarre anziani, si aiuterebbero i giovani a restare nei nostri paesi.


Liberu – Lìberos Rispetados Uguales