Oggi la riunione del Collegio dei commissari Ue sulla procedura d’infrazione contro l’Italia: più vicina una chiusura positiva del dossier dopo la correzione dei conti approvata dal Governo italiano.

La correzione approvata dal governo italiano, con il decreto ‘salva-conti’ già firmato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, accorcia visibilmente la distanza tra Roma e Bruxelles. Almeno quella sul 2019. I messaggi arrivati ieri a margine della maratona del vertice europeo sulle nomine sono rassicuranti, e puntano tutti verso una chiusura positiva del dossier durante il Collegio dei commissari previsto per oggi. Resta però il problema dei saldi 2020, su cui l’Italia non ha fornito alcuna rassicurazione.

Bruxelles avrebbe voluto una forte presa di posizione sul calo del debito e sulle misure alternative all’aumento dell’Iva, che però non è arrivata. I commissari cercheranno quindi un modo per far sentire al Governo la pressione sulla prossima manovra, spostando più in là nell’anno il rischio di apertura della procedura per debito eccessivo.

Con il disegno di legge sull’assestamento di bilancio e il decreto correlato, l’Italia ha messo “sul piatto oltre 7 miliardi di euro che ci consentono di dire che siamo in linea con le previsioni del famoso 2,04% di deficit/pil nel 2019”, ha detto il premier Giuseppe Conte. Una cifra che, a quanto si apprende da fonti vicine al dossier, aiuta a correggere la traiettoria dei conti per il 2019, come chiedeva la Commissione.

Anche se, secondo la Ue, il buco era più ampio. Sul 2018 per Bruxelles c’era un gap dagli impegni di 0,4 punti di Pil. Sul 2019 il gap è 0,8 punti. Ai quali va sottratto uno 0,18 di clausole di flessibilità, che lo portano a 0,6. Questo, però, se si considera un “pieno rispetto” delle regole. Se si guarda invece ad un “ampio rispetto” delle regole, il gap si riduce perché bisogna sottrarre uno 0,5 di “bonus” che la Commissione applica per aiutare i Paesi. Quindi il gap diventa 0,1 sul 2019, e 0,5 se si guarda al biennio 2018-19.

La Commissione, nella sua valutazione, può scegliere di guardare sia al singolo anno che al biennio.

La mossa dell’esecutivo gialloverde, che prevede un miglioramento del saldo strutturale di 0,3 punti percentuali, piace ai mercati, con lo spread che tocca i minimi da un anno e chiude a 221 punti, e avvicina le posizioni, anche se non chiude del tutto la partita. Ma aiuta a demolire la base per l’apertura della procedura per debito eccessivo. E toglie forza ai falchi che avevano preparato tutto per lanciare la procedura nella riunione di domani. Non c’è solo il vicepresidente Valdis Dombrovskis tra quelli che volevano avviare il procedimento sanzionatorio, ma anche il finlandese Katainen, il tedesco Oettinger, la danese Vestager e la svedese Malmstroem.

Ma se l’Italia riuscirà ad interrompere l’iter della procedura, sarà anche per un po’ di fortuna: Dombrovskis non sarà presente alla riunione del Collegio a causa di problemi di salute, e quindi a presentare ai colleghi il “dossier Italia” sarà il francese Pierre Moscovici, da sempre a favore del dialogo e di una linea più morbida. Anche lo scenario in movimento delle istituzioni europee, che stanno cambiando le loro guide, aiuterà quantomeno a rinviare il problema italiano all’autunno.

In realtà la Commissione deve solo trovare il modo di chiudere il caso senza dare né l’impressione di eccessiva tolleranza nei confronti dell’Italia, né di rigidità verso un Paese che ha dimostrato di essere disposto a fare degli sforzi quando gli sono stati richiesti. Per questo la linea dei falchi sembra avviata su un binario morto: il fatto che l’Italia non abbia fornito le rassicurazioni sul 2020 non può essere una base sufficiente a giustificare l’avvio della procedura. Può, però, essere un motivo per lasciare acceso il faro Ue sul Governo e sulle sue prossime scelte, dalla flat tax alla sterilizzazione dell’Iva, lasciando aperto il rischio procedura fino all’autunno, quando saranno scoperte le carte della prossima manovra.