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“Riccardo Carta non ha partecipato alla concertazione dell’omicidio di Manuel Careddu ed era convinto che Fodde volesse soltanto dargli una lezione. E’ un ragazzo di 21 anni, dategli una pena che gli consenta di tornare a vivere”. Questa, in estrema sintesi, la richiesta avanzata dal difensore del giovane imputato, avvocato Angelo Merlini, davanti alla giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Oristano, Silvia Palmas, che venerdì 12 si ritirerà in Camera di consiglio per decidere se Riccardo Carta, Christian Fodde e Matteo Satta sono davvero colpevoli, come ha sostenuto l’accusa, di omicidio premeditato e pluriaggravato e a vario titolo di soppressione e occultamento di cadavere per la morte del 18enne di Macomer, ucciso la notte dell’11 settembre 2018 sulle sponde del lago Omodeo.

Secondo la ricostruzione della Procura, l’omicidio era stato commesso proprio in un terreno di cui Carta aveva la disponibilità e in quel terreno era stato seppellito in un primo momento il corpo Manuel. Poi il cadavere era stato prelevato e sepolto di nuovo, questa volta a Ghilarza, in un terreno utilizzato invece dalla famiglia Fodde. E fu Riccardo Carta, ha sottolineato l’avvocato Merlini, a rivelare agli inquirenti il luogo in cui erano stati nascosti i resti del 18enne.

L’accusa ha già chiesto per Carta e Fodde la condanna all’ergastolo, 30 anni invece per il terzo imputato, Matteo Satta, indicato come il giovane che aveva fatto sparire tutti i cellulari del ‘branco’ per costruire un alibi ed impedire che gli investigatori li rintracciassero al momento dell’esecuzione del delitto. Manuel fu attirato prima in una trappola, poi ucciso brutalmente a colpi piccozza e badile perchè pretendeva i soldi, circa 400 euro, di una piccola partita di droghe leggere ceduta all’unica ragazza del gruppo, fidanzata di Fodde e all’epoca minorenne, già condannata a 16 anni per lo stesso delitto assieme al complice suo coetaneo.