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Azzeramento dei vertici dei Consorzi “per poter ripartire eliminando tutti i conflitti di interessi”, e convocazione “il prima possibile” del tavolo ovino al Ministero dell’Agricoltura “per far ripartire la discussione dalla nostra proposta interrompendo l’inutile balletto di comitati tecnici che sta impostando il consorzio e che non porteranno a niente di buono”. Lo chiedono i delegati dei pastori Nenneddu Sanna e Gianuario Falchi seduti al tavolo delle trattative sulla vertenza latte ovino, dopo le dure proteste degli allevatori sardi.

“Abbiamo ritenuto giusto non partecipare all’ennesimo incontro del Consorzio del Pecorino Romano al quale siamo stati invitati solo come ospiti osservatori perché riteniamo totalmente sbagliata e dannosa per gli allevatori la proposta di piano che sta circolando. E’ sbagliata nella forma e nella sostanza – dicono – Nella forma perché è il tavolo Ministeriale il luogo deputato al confronto tra le parti in causa e dove si devono presentare le proposte di Piano prima che queste vengano portate all’Assemblea dei soci del Pecorino Romano per essere approvate. Il tavolo ce lo siamo conquistati con la dura protesta del mese di febbraio e non siamo disposti a accettare che lo stesso venga scavalcato dai soliti furbi che pensano di poter continuare a comportarsi come se la protesta di febbraio non ci sia mai stata e a considerare la nostra presenza al tavolo come quella di osservatori non protagonisti”.

Secondo i pastori, inoltre “il piano è poi sbagliato nella sostanza perché ripropone la filosofia di sempre: i coefficienti di rappresentatività dei caseifici (quote di produzione) sono assegnati sulla base delle produzioni di Pecorino Romano delle annate precedenti sforamenti compresi con un incomprensibile sistema di sanzionamento che serve solo a far finta che tutto cambi per non cambiare niente lasciando spazio ai soliti speculatori. Noi – aggiungono – nel nuovo piano di offerta del Pecorino Romano, riproponiamo un nuovo sistema di attribuzione delle quote, partendo dal concetto che ha diritto a produrne di più chi acquista dal pastore ‘latte atto a divenire’ pagandolo meglio e non chi si ritiene, com’è oggi, padrone del nostro latte perché in possesso delle quote storiche del prodotto formaggio”.