Il pubblico dell’arte è molto cambiato dal dopoguerra a ora, quello contemporaneo è un pubblico simulato che cerca la partecipazione anche quando non può permettersi di comprare una serigrafia e una monografia di Banksy (che sono a prezzi stracciati e non sono battuti da Sotheby’s.

Gran parte del pubblico dell’arte contemporanea cerca la conoscenza e la cultura a costo zero o molto ridotto, si nutre di un brodo culturale dove pur non comprendendo o leggendo quello che scrivo, dice la sua, perché attraverso la presunta conoscenza dell’arte contemporanea simula il suo status, quello dell’arte contemporanea non è un pubblico appassionato, neanche gli artisti sono più appassionati d’arte, il pubblico cerca solo lo status, cerca l’arte per affermarsi e rappresentarsi socialmente, è il pubblico più ampio e più povero culturalmente che la storia dell’arte moderna abbia mai conosciuto, è povero e misero e rincorre il costo zero.

Gli “addetti ai lavori” in realtà periferiche ma metropolitane come quella da cui scrivo e rifletto, si formano spesso senza neanche pagare un biglietto per un Museo pubblico, si formano e crescono in ambiti privati e ristretti, frequenta sempre le stesse gallerie, le stesse fondazioni, le stesse associazioni culturali a costo zero, si viene allevati in ristrettissimi circoli privati che promettono l’America, quando l’America non è mai stata da queste parti se non con le basi militari.

Lo stesso pubblico, coltivato in nicchie e ambienti ristretti, a un certo punto, si propone come artista, si autodetermina come artista ignorante, povero, misero culturalmente, a costo zero, nato e formato in ambienti ristretti e selezionati, dove la cultura e l’arte non si pagano, dove non esistono libri di testo, dove non è importante che l’artista sappia leggere e scrivere o argomentare il suo lavoro, la miseria in ingresso è usata, diventa oggetto di speculazione, è diventato molto ampio il marketing e la produzione d’artisti che non comprano e sono pronti a vendersi.

A Cagliari non sei nessuno se non cerchi qualcuno che possa farti da garante, il garante, il tutor, chi ti presenta e ti vende, serve per far si che possa investire a costo zero su se stessi e sulla propria immagine, bisogna conoscere questo o quello (i miei “amici” presunti sanno che in privato non frequento nessuno, sappiate che è la nausea il motivo di questo mio atteggiamento).

Mutato il pubblico, anche il collezionista è mutato con lui, non sfida più la tradizione (a Cagliari a dirla tutta il collezionismo non ha mai sfidato la tradizione, non c’è un’Accademia quale tradizione ci sarebbe da sfidare?), ma proprio come il suo pubblico insegue solo lo status, al punto che Cagliari impazza di pochi collezionisti che acquistano giovani artisti appena esposti a prezzi stracciati e formati nei propri spazi o prelevati da spazi “minori” affini, insomma il collezionista compera il suo stesso pubblico con in collezione una serigrafia di Banksy, in una realtà come questa capite quanto sia complesso parlare di pubblica Accademia?

Non esiste un’idea di lunga marcia di sudore e studio per l’alta formazione, tutto e subito, non esiste più tenacia e lungimiranza, non esiste un’idea dell’arte per la quale battersi, tutto è a spesa ridotta, questo è il punto su cui si accordano il privato e il pubblico.
Non esiste un’Accademia?

Mi formo in una maniera funzionale a questo ambiente ristretto, altrimenti se posso permettermelo faccio lo studente fuori sede, a c’è anche una terza opzione restare e affrontare tramite IED un percorso privato ed economicamente pesante quanto essere fuori sede per formarsi in settori strategici del marketing dell’industria culturale e artistica che poco hanno a che vedere con la tradizione, la memoria e la cultura di questo luogo (forse dovrei scrivere non luogo futuro).

Al pubblico e al collezionista dell’arte contemporanea non serve più un lungo percorso di formazione e di crescita insieme alla visione dell’artista, della “maturità” di un artista (o presunto tale) della mia età, non interessa a nessuno se non a qualche amico.
Il contemporaneo vuole la velocità, la street art e lo stencil di Banksy, di riflesso la stessa velocità premia chi è veloce nel servire (o obbedire?).

Formalmente si scimmiotta finta reverenza a qualche finto profeta (locale o proveniente dall’altrove) del quale non si ascoltano neanche le parole, insomma sono arrivato a Cagliari vent’anni fa e oggi sono come allora “archeologico” come un bronzetto nuragico sotto teca.

Cavolo, non c’è neanche un’Accademia con quale artista, giovane Maestro della mia generazione, artificiosamente etero comunista con il quale interfacciarmi e contestare ludicamente nel pubblico interesse, in fondo a cosa servirebbe?
Più facile vendersi che costruirsi una solida formazione di base per elaborare un proprio fermo e complesso linguaggio.

L’arte oggi (fatta o comprata) è un hobby costoso a cui tutti tendono, le competenze le trovi a costo zero via social network o in ambienti ristretti, dopo l’anziano navigato mette la mano sulla spalla al giovane da usare e gli dice “bravo, tu sei un ragazzo in gamba”, si finge d’essere diversi per conformarsi al modello vincente, questo non è Rinascimento.
Per questo Francesca Ghirra che raccoglieva l’eredità di Zedda è collassata al primo turno con Truzzu (che lavorerà per un’Accademia a Cagliari?).

Eppure la Ghirra è stata sconfitta a queste Comunali con tutte le intelligenze artistiche e culturali della città schierate al suo fianco, quasi nessuna voce critica, quasi tutti al servizio di un sistema mediocre e deleterio, dove politico di turno, fondazioni e associazioni sostengono compatti solo gli iscritti al loro club, questo è Rinascimento indigeno locale?

Senza un’Accademia a Cagliari gli artisti giovani si allevano e buttano, il mercato investe solo sui cavalli sicuri come Banksy e i giovani artisti residenti privi di protezione di formazione sono carne da macello che si dimentica con un post su Instagram, questo è Rinascimento?

Non è più richiesta competenza e formazione all’artista, la competenza è un bene comprabile, annientata dal denaro, il denaro illude tutti di possedere competenze e poteri che non hanno.

Non si distingue più il pensiero e il gesto bello dal pensiero e il gesto nuovo, la conoscenza è livellata e alla portata di chiunque, in realtà è ignoranza, come spiegarsi altrimenti il numero di tutti coloro che a Cagliari si ritengono artisti a fronte di nessuna artistar residente?

Se conto i morti nell’isola non si arriva a più di dieci nomi sicuri, non basta questo a riflettere sulla mediocrità del sistema dell’arte Cagliaritano?

Mi sto dilungando e sintetizzo lo scenario Cagliaritano: tutti stanno guadagnando (o hanno guadagnato) qualcosa su un’idea dell’arte Cagliaritana nel breve periodo, ma a breve saremo tutti morti e la cultura nuragica insegna che l’arte è il dialogo dei vivi con i giganti, in quel momento io riderò di tutto e tutta questa scena dell’arte contemporanea che non si coalizza e non s’indigna per spiccioli di rendita di posizionamento.

Emirati Arabi e Cina investono nell’arte contemporanea quanto Stati Uniti e Gran Bretagna, l’Accademia di Belle Arti di Brera è farcita di studenti Cinesi che vogliono capire i processi del fare artistico su cui Cagliari da sempre sputa e banalizza, si pensa sul serio di fare fronte a tutto questo con una mostra di serigrafie di Banksy ogni tanto.
Arrivo alla Cagliari d’oggi dal secolo passato e dal mare e si che qui non c’è nulla che in futuro potrà essere difeso senza una pubblica e libera Accademia di Belle Arti a Cagliari, gli artisti a Cagliari arrivano e nascono già estinti.

L’opinione di Mimmo Domenico Di Caterino