Succedono pazze cose nel sistema dell’arte, che delegittimano l’arte residente e affermano, nel nome delle quotazioni di mercato determinate da investitori privati che relazionandosi all’arte come alle quotazioni in borsa, un’idea dell’arte piatta e globalizzata, dai contenuti semplici fruibili e comprensibili da Taipei a Marcianise, a Sorgono come a New York.


Forme di gigantismo artistico, che nella loro semplicità sono fruibili e non hanno bisogno di nessuna spiegazione, preparazione pregressa, filtri o intermediazione culturale, arte del popolo, popolare, kitsch, trash, folk e pop che alimenta gli interessi di pochi facoltosissimi privati insediandosi nel pubblico e legittimandosi culturalmente, ai danni di ricerche artistiche che invece partono da strutture e grammatiche culturali dell’arte ben più complesse e localmente radicate di quelle imposte nelle maggiori istituzioni pubbliche dell’arte e nelle prestigiose piazze metropolitane mondo.

Questo per raccontarvi due cose, la prima:
La più prestigiosa casa d’asta del mondo, quella che fa il brutto e il cattivo tempo della storia del mercato dell’arte contemporanea, Sotheby’s , nella sua sede londinese, ha aggiudicato l’altro ieri per 9,879,500 sterline (11 milioni di euro circa) l’opera di Banksy “House of Commons”.

Si, quello stesso artista che a Cagliari molti continuano a interpretare erroneamente come fortemente critico verso il sistema dell’arte, in realtà ne padroneggia ogni particolare mediatico e finanziario cavalcando fake news e notizie virali che ne alimentano la gigantesca balla e bolla economica, dietro il suo anominato si cela una gigantesca società per azioni dagli incredibili fatturati presumibilmente non dichiarati (esagero?)
La tela, 4 metri per 2,5, raffigura la House of Commons gremita di parlamentari-scimmie.
Capite?

Grande formato, luogo istituzionale, retorica del potere e delle scimmie che ci governano, ma piuttosto che rileggere “il pianeta delle scimmie”, non sarebbe stato più scomodo, come hanno i fatto i grandi della storia dell’arte, mostrare in maniera chiara e netta, l’attuale popolazione di sapiens pienamente immersa nel suo ruolo, mentre anima “intellettualmente” il parlamento?
Sarebbe stato forse troppo scomodo, troppo populista e troppo critico?

Semioticamente per l’ennesima volta Banksy si dimostra giullare di corte e Beppe Grillo del sistema politico ed economico dell’arte, puntando il dito contro tutto e tutti senza accusare espressamente nessuno.
Questo per dirvi che trovo l’operazione Banksy artisticamente e culturalmente misera, fin troppo chiara nelle sue dinamiche, opere stancamente Accademiche e assenti di contenuti reali, che per questo trovano acquirente che possedendole afferma il suo potere su chi chiaramente e senza scervellarsi ne comprende il senso.
La seconda cosa che voglio raccontarvi:

Una Scultura di Jeff Koons che per collocazione e contenuto culturale, anche addetti ai lavori e intellettuali Parigini avevano criticato, versione tridimensionale di un motivo prelevato da Picasso e utilizzato per commemorare le vittime del terrorismo, chiaramente cinicamente pubblicitaria.

Gli esorbitanti costi di questa Scultura alta 12 metri, 8 di larghezza e 10 di profondità, pesante 35 tonnellate, della quale Koons ha donato soltanto il progetto è costata 3,5 milioni di euro a carico dello Stato.
Serve un genio della finanza per capire che tale operazione giova solo alla quotazione di mercato di Koons legittimato da un opera pubblica di tale portata dai suoi investitori? Pochi ricconi (artista compreso) fanno una donazione tax free affermandosi su una comunità artistica e intellettuale locale, che trovava l’operazione inopportuna, imponendo il posizionamento dell’opera dietro al Petit Palais, nell’area dell’avenue des Champs-Elysées.

Come si può sviluppare una coscienza critica, artistica e culturale verso questa fenomenologia del gusto artistico imposto dall’alto?
Attraverso alta formazione artistica residente, che con tutto ciò sappia dialogare in chiave critica e resistenziale?
Come dite?
A Cagliari nel 2019 ancora non c’è un’Accademia di Belle Arti?

L’opinione di Mimmo Domenico Di Caterino