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A cosa serve l’arte contemporanea?Una domanda come questa in una realtà come quella Cagliaritana dove un’Accademia di Belle Arti non c’è mai stata non è mai scontata, l’arte contemporanea è sempre un’occasione per rivendicare socialmente dignità e l’autonomia in un contesto territoriale e culturale dove senza idee e progetti d’arte contemporanea residente si rischia la marginalità e la servitù culturale determinata da avanguardie di mercato imposte dall’altrove.

L’arte e gli artisti residenti sono uno strumento, un media critico permanente puntato verso soprusi e abusi del potere di un sistema economico e politico sempre più interconnesso e globalizzato che nega tradizioni e culture locali imponendosi su esse.

Scrivo questo perché un esempio di artista e arte residente nell’isola, messa a disposizione di una causa politica e sociale, arriva da Nicola Mette e i pastori sardi. I pastori sardi da un anno protestano in maniera performatica versando il latte frutto del loro lavoro e della loro cultura dalla quale non riescono neanche a coprire i costi di produzione, Nicola Mette è un artista che formatosi all’Accademia di Belle Arti di Roma, che non ha mai messo da parte la propria cultura e nel nome di questa da sempre con le sue performance si pone con prese di posizione forti al servizio dei più deboli combattendo semioticamente contro ogni forma di soprusi, abusi e discriminazioni.

Nicola Mette è un noto e celebrato artista che vive e lavora a Milano, che si presenta con un portfolio in tre lingue (Italiano, sardo e inglese), che da Milano si è mosso verso Borore ponendosi al servizio della causa dei pastori sardi, che inondando il suo corpo nudo e inerme di latte, hanno denunciato come se prima erano in mutande adesso si sentano nudi. In buona sostanza oggi un litro di latte è loro pagato 74 centesimi (meglio dei 60 che hanno dato il via alla protesta) ma lontano dall’euro al litro proposto in campagna elettorale (ricordate Salvini? “Non ci si alza dal tavolo di lavoro se non si arriva a un euro al litro”).

Attraverso il corpo inerme giacente sull’asfalto e sommerso dal latte sottopagato, i pastori con la loro protesta sono tornati a essere notizia mediatica, hanno potuto rivendicato come non conoscano i dati riguardanti le giacenze del pecorino romano e in tal senso pretendano chiarezza dalla Regione e dal Consorzio del pecorino romano che dovrebbe tutelarli, pretendono risposte perché si sentono nudi, indifesi e sommersi dal loro stesso latte. Chiaro a tutti a che cosa servano arte e artisti contemporanei residenti?

L’opinione di Mimmo Domenico Di Caterino