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Mauro Pili, leader di Unidos ed ex deputato ha inviato una lettera indirizzata ai promotori dell’insularità in Costituzione.

Vi proponiamo il testo integrale:

In questi ultimi mesi si è intensificata, con non poche adesioni, l’iniziativa tesa all’inserimento del principio dell’insularità in Costituzione. Oso, qui e sommessamente, elevare all’attenzione di promotori e istituzioni una schietta quanto improcrastinabile pubblica riflessione sul tema. Mi permetterò di usare termini forti e chiari non per mancanza di rispetto ma per esortare ognuno, per quanto di propria competenza, a fare in fretta. Inserire l’insularità in Costituzione significa perdere tempo. Vuol dire non raggiungere l’obiettivo, trovare la cassa vuota e rendere la Sardegna ancor più vulnerabile. E’ tempo perso, regalato ai nostri nemici, a coloro che non vorrebbero riconoscerci l’ordinario figuriamoci lo straordinario. In questa povera terra violentata da profittatori e venditori di fumo occorre onestà intellettuale per dire le cose come stanno ed anche una seppur flebile voce ha il dovere morale di lanciare un modesto ma accorato appello per evitare il danno estremo. Gli interlocutori di Roma e Milano, di destra o di sinistra, non attendono altro che un regalo come la corale richiesta di inserire l’insularità in Costituzione.

Chi mai vorrà negare alla Sardegna il riconoscimento costituzionale di essere circondati dal mare? Immagino già le nordiche calate tumultuose dei millantatori di turno: siete un’isola grazie a noi! Sintetizzo: Veneto e Lombardia hanno armato bazooka nucleari per rapinare 36 miliardi di euro ai fondi di coesione dello Stato e noi, invece, chiediamo di metterci il mare intorno alla Sardegna! Loro bazooka e noi margheritine. Chiediamo mare e ci daranno mare, loro chiederanno soldi, anche e soprattutto nostri, e riceveranno soldi! Da che mondo è mondo la Costituzione non dà e non stanzia soldi, nemmeno un euro. Non c’è un solo articolo della Costituzione che attribuisce parametri certi di riparto di denaro. Dell’art. 3 della Carta Costituzionale, quello della rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale, se ne sono fregati per oltre 70 anni nonostante fosse uno dei pilastri della Costituzione. Lo stesso art.1 della Santa Carta arriva persino ad affermare con sacralità indiscutibile che “la Nazione è fondata sul lavoro”. Non aggiungo altro. Del resto se la Nazione è fondata sul lavoro cosa costa scrivere che la Sardegna è fondata sul mare? Esorto comitati ed istituzioni a non proseguire su questa annosa strada che rischia di sfociare in un’inutile propaganda fine a se stessa. Abbiate la forza e il coraggio di concentrare gli ammirevoli sforzi sull’insularità concreta e non su quella effimera! Insularità significa denaro, riequilibrio, poteri speciali per una fiscalità capace di restituire il maltolto e rimetterci alla pari degli altri. In queste ultime settimane il nuovo governo sembrava aver rallentato le pretese irragionevoli e incostituzionali delle regioni del Nord, ora, però, anche per via delle prossime elezioni regionali in Emilia Romagna, sembra intravedersi una nuova accelerazione sul fronte delle autonomie differenziate.

E’ un rischio talmente grave per la Sardegna che non può essere sottaciuto. Ci troveremo dinanzi ad una trattativa spartitoria rapida e unilaterale dei fondi nazionali di coesione a favore delle regioni più forti che prosciugheranno risorse e poteri, lasciando, forse, briciole e maggiori divari alle regioni più deboli, la Sardegna per prima. Le regioni speciali diverranno meno che ordinarie, sia nelle risorse che nei poteri, e la stessa specialità riconosciuta dalla Costituzione sarà di fatto annientata senza colpo ferire. Non sarà sfuggito ai più attenti osservatori che il percorso proposto per le autonomie differenziate, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna prevede un binario totalmente extraparlamentare, in un rapporto attuativo diretto tra Governo e Regioni, ignorando il parlamento. Dunque, si persegue una sostanziale, quanto illegittima, modifica del riparto costituzionale delle funzioni con un mero atto amministrativo che prevede cessione di competenze, poteri e risorse economiche! Il risultato è emblematico: le regioni forti, senza passare dal parlamento, si spartiscono in pochi mesi i fondi di riequilibrio, acquisiscono poteri e funzioni e conquistano il lascia passare per il paradiso.

La Sardegna, invece, che all’inferno c’è già, sceglie e indica un percorso opposto: lungo e tortuoso, una modifica della Costituzione necessita non meno di tre anni, se tutto va bene, inconcludente perché affermerà una questione scontata, non avrà un solo euro e avrà perso per sempre il treno del riequilibrio! Mi permetto qui, solo per l’amore che provo per la mia terra, di indicare l’unica strada perseguibile in tempi relativamente certi! È un percorso già scritto. Rimasto inattuato per alterne negligenze politiche e istituzionali di questi ultimi dieci anni, sia a livello regionale che italiano. Si tratta di una norma che prevede in maniera chiara ed esplicita il riconoscimento del divario insulare e la sua compensazione economica, infrastrutturale e fiscale. E’ una norma che da capogruppo di maggioranza nella Commissione Costituzionale per gli Affari regionali imposi nella legge sul Federalismo Fiscale. Norma sull’insularità conquistata dopo uno scontro titanico con la Lega di Calderoli e Maroni. Una legge ad un passo dal rango costituzionale che dava la delega al governo per l’approvazione dei relativi decreti legislativi attuativi. Una legge che si può e si deve attuare con decreti del governo che transiterebbero in parlamento solo per dei pareri nelle commissioni, senza mai votarli in aula. Ovvero il potere rapido e, di fatto, assoluto dell’organo esecutivo di passare dalla norma generale a quella attuativa di dettaglio. Non ci vuole molto per comprenderlo! Loro, le regioni del nord scelgono la corsia veloce e noi, invece, rischiamo di trovarci in quella della retromarcia! Nella legge n.42 del 2009 ho fatto carte false e minacciato la guerra santa per riuscire ad ottenere, ottenendolo, l’inserimento dell’insularità come elemento di riequilibrio con l’individuazione delle risorse necessarie. E, infatti, nella legge fu inserita una precisa norma che prevede la compensazione del divario insulare. All’art.22 della legge 42/2009 è prevista la “lettera g) specificità insulare con definizione di parametri oggettivi relativi alla misurazione degli effetti conseguenti al divario di sviluppo economico derivante dall’insularità, anche con riguardo all’entità delle risorse per gli interventi speciali di cui all’articolo 119, quinto comma, della Costituzione”.

Quella disposizione è legge! Continuare a perseguire un effimero inserimento dell’insularità nella Costituzione quando si dispone di una legge delega già in essere è da irresponsabili. Quella norma deve essere attuata con un decreto legislativo del governo, senza nemmeno un voto parlamentare, con la sola intesa con la Regione Sardegna. La Regione Sarda, senza perdere altro tempo, faccia richiesta esplicita di una trattativa con il governo per un decreto attuativo di quella norma dove poter inserire quanto necessario per il riequilibrio insulare, sia sul piano economico, infrastrutturale che fiscale, a partire dalla zona franca integrale. Non serve un’inutile norma costituzionale che, forse, ci darebbero solo per un modesto contentino di facciata. Servono soldi e poteri, subito! Non favori ma diritti sacrosanti. Serve un decreto attuativo e non una modifica costituzionale. Lo schema del decreto attuativo è scritto e pubblicato anche agli atti della Camera dei deputati, dal 4 gennaio del 2010 e recita: Proposta di legge: PILI: “Piano Attuativo per il Riequilibrio dell’Insularità della Sardegna (P.A.R.I.S), in attuazione dell’articolo 13 dello Statuto speciale per la Sardegna, di cui alla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, e dell’articolo 22 della legge 5 maggio 2009, n. 42. Delega al Governo in materia di risorse economiche per il finanziamento del Piano”! Paris in sardo ha un duplice significato: pari e insieme. Pari devono essere le condizioni, insieme il metodo per perseguire gli obiettivi. Per pari s’intende l’eliminazione o la compensazione dei divari insulari nei trasporti, nell’energia, nell’istruzione, nelle infrastrutture, nell’economia e nello stato sociale. Attraverso nuove risorse economiche aggiuntive, nuove infrastrutture e riequilibri fiscali a partire dalla zona franca integrale. Per insieme s’intende il Popolo Sardo, la Regione, lo Stato, l’Unione Europea.

È la nuova frontiera del federalismo dei diritti, di ciò che spetta e non di ciò che viene concesso. PARIS vuole essere un modello culturale, giuridico, istituzionale ed economico del nuovo rapporto tra lo Stato, l’Europa, le regioni insulari e la Sardegna nell’ambito della riforma federale. Un progetto moderno che nasce dal fecondo apporto scientifico economico e culturale di economisti di calibro mondiale, da Paolo Savona a Beniamino Moro, da Giorgio Belloni (Ancona), Michele Fratiani (Indiana UN.), Salvatore Dominick (NY) equipe che incaricai della predisposizione del nuovo Piano di Rinascita della Sardegna. Ora quel decreto attuativo potete riscriverlo di sana pianta, potete emendarlo, potete fare quello che volete ma non perdete tempo. Se mai si arriverà a quella inutile e superflua norma costituzionale non servirà a niente perché le casse dello Stato saranno state già abbondantemente saccheggiate e la specialità della Sardegna cancellata per sopravvenuta supremazia delle regioni ordinarie! Alla Sardegna non servono norme sognatrici, servono risposte urgenti e concrete, denari e poteri!